STORIE MIGRANTI NELL’ITALIA DEL RAZZISMO E DEI DIRITTI INTERROTTI

Dai centri per richiedenti asilo a uno dei ghetti più grandi d'Europa. Il bracciantato, la violenza, l'emarginazione. Due volumi, due punti di vista per raccontare cosa voglia dire essere straniero nel nostro paese e immaginare un paese diverso, un paese che vorremmo

di Laura Badaracchi

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«In Italia c’è un problema di diritti non riconosciuti a una parte della popolazione, che così è resa fragile. È semplice verificarlo. Più difficile è immaginare cosa fare, come uscire da questa spirale di esclusione e vulnerabilità. Palmisano, con il suo appassionato racconto del paese che non vorremmo, può aiutarci a intravedere il paese che vogliamo e per il quale è doveroso impegnarsi», scrive Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, introducendo il volume ItaliApartheid. Stranieri nella penisola del razzismo (edito da Fandango) di Leonardo Palmisano, docente di Sociologia della devianza all’Università di Foggia, editorialista del Corriere del Mezzogiorno, presidente di Radici Future Produzioni, direttore artistico di LegalItria e cofondatore di Piazze Connection.

Palmisano
«Da un lato i premiati, dall’altro quelli rimasti fuori, “rifiutati” per decisioni della politica, che di volta in volta assume le sembianze di una commissione d’asilo, di un giudice, di una guardia penitenziaria, di un agente della polizia di frontiera» (Dalla prefazione a ItalApartheid di Riccardo Noury)

Leonardo Palmisano, ItaliApartheid. Essere stranieri nella penisola del razzismo

Nel libro, nato in collaborazione con Amnesty, il giornalista e sociologo pugliese riassume gli incontri e le interviste con quasi un centinaio di persone arrivate nel Paese e passate attraverso l’esperienza dei centri per i richiedenti asilo, del lavoro nascosto e della violenza nei campi come in strada, fino a uno sfruttamento dei corpi che diventa sistema insieme al muro di emarginazione eretto intorno a loro. Così migliaia di migranti salvati nel Mediterraneo vanno a popolare sempre più numerosi i ghetti a Lampedusa, Mineo, Borgo Mezzanone e non solo, coltivando il desiderio di fuggire: come dimostra la tragica morte di Satnam Singh, bracciante indiano abbandonato con il suo braccio tranciato lo scorso 17 giugno in provincia di Latina e morto due giorni dopo, i ghetti sono ovunque, da Milano Rogoredo all’Agro Pontino.

Ma per assurdo la legge Bossi-Fini sull’immigrazione costringe questi detenuti privi di un titolo di soggiorno a restare in Italia, ad attendere di avere abbastanza denaro per potersi pagare un altro viaggio, lontano da noi. Con questi migranti ha parlato Leonardo Palmisano e lascia loro il racconto delle storie che li hanno condotti qui e che non permettono loro di ripartire, confermando quanto l’apertura delle frontiere sia l’unica soluzione sia in entrata sia in uscita. Esistono «da un lato i premiati, dall’altro quelli rimasti fuori, “rifiutati” per decisioni della politica, che di volta in volta assume le sembianze di una commissione d’asilo, di un giudice, di una guardia penitenziaria, di un agente della polizia di frontiera. In mezzo, a cercare di ricomporre questa frattura, ci sono pescatori, volontari, associazioni», scrive ancora Noury nella Prefazione.

Palmisano
Foto Franco Cautillo

Luca Maria Pernice, Schiavi d’Italia. Un viaggio nel ghetto di Borgo Mezzanone

«A più di settantacinque anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, ci sono ancora vite che valgono meno di altre. Ci sono ancora persone considerate meno umane di noi. Questo si chiama razzismo, un male che ci illudevamo di esserci lasciati alle spalle dopo i drammi del colonialismo, dello schiavismo e della Shoah, e che invece tuttora serpeggia nella nostra società, determinando comportamenti individuali e anche scelte politiche indegni di un Paese civile», denuncia don Luigi Ciotti nella Prefazione a un altro volume che affronta temi analoghi, intitolato emblematicamente Schiavi d’Italia. Caporalato, diritti negati e speranze in uno dei ghetti più grandi d’Europa, edito dalle Paoline e scritto dal giornalista foggiano Luca Maria Pernice.

Si tratta di un reportage sul ghetto pugliese di Borgo Mezzanone, tra Foggia e Manfredonia, in cui vivono in baraccopoli circa 2mila braccianti, soprattutto nordafricani. Che ricordano con nostalgia i Paesi di origine segnati però da povertà e conflitti, mentre il loro presente è costellato da 12 ore di lavoro quotidiani nei campi per 3-4 euro l’ora in nero. Anche Pernice li definisce a chiare lettere schiavi del XXI secolo, vittime del traffico di esseri umani. La loro speranza di libertà avanza anche grazie al contributo della società civile e alla presa di coscienza dei cittadini che possono fare la differenza con le decisioni quotidiane di consumo, con l’invito a incrementare le azioni di contrasto al caporalato sul piano politico, economico, sociale e culturale. «Il problema non è distruggere i ghetti. Il problema è trovare alternative che non siano meramente emergenziali, ma fondate su questo riconoscimento, questa ammissione di umanità: “Siete persone, vi trattiamo da persone”. Se si parte da qui, allora si capisce quanto sia necessario un sommovimento di tutto il sistema, un sommovimento delle coscienze di tutti, pronte a ribellarsi, anche attraverso scelte molto concrete di consumo, a chi fa profitti sulla pelle della gente», sottolinea ancora don Ciotti, fondatore di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.

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ItaliApartheid. Stranieri nella penisola del razzismo
Leonardo Palmisano
Fandango Libri, 2024
pp. 176, € 15

 

 

 

 

 

 

Schiavi d’Italia
Caporalato, diritti negati e speranze in uno dei ghetti più grandi d’Europa
Luca Maria Pernice
Prefazione di don Luigi Ciotti
Edizioni Paoline, 2024
pp.96, € 12

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