SUICIDIO: LA STORIA DI GIORDANO E L’IMPORTANZA DI PARLARNE
Oggi è la giornata mondiale per la prevenzione dei suicidi. Giordano Tomasoni racconta la sua storia e il suo impegno
10 Settembre 2020
Oggi, 10 settembre, si celebra la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. Eppure di questo tema delicato e spinoso si parla poco, soprattutto in termini di prevenzione. Da diversi anni cerca di farlo, nelle scuole e ovunque venga invitato, Giordano Tomasoni, 49 anni.
«Porto la mia testimonianza di sopravvissuto e rinato, perché sono convinto che condividere la mia passata sofferenza e le mie emozioni possa essere di aiuto a coloro che stanno soffrendo gli stessi dolori», spiega. Sì, perché quasi 12 anni fa, il 14 novembre 2008, Giordano ha tentato di togliersi la vita, in preda a una grave depressione non curata. In apparenza, non gli mancava nulla: aveva un lavoro da falegname, la passione per lo sci e la bicicletta, nessuna crisi economica in famiglia. «Mia moglie aspettava la nostra seconda figlia, la primogenita aveva un anno e mezzo. Ma dentro di me, giorno dopo giorno, cresceva un malessere che ho sottovalutato per orgoglio. Forse temevo i cambiamenti, forse stava maturando un’insoddisfazione personale, che si è trasformata in angoscia e si manifestava con tachicardia, insonnia, mancanza d’appetito. Invece di chiedere aiuto, mi sono isolato», ricorda.
«Le mani restavano aggrappate»
Quel giorno stava andando al lavoro, in macchina, come sempre. «A un certo punto mi sono fermato sulla strada, vicino al ponte del mio paese. Sono sceso dall’auto e mi sono buttato, senza pensare a nulla: per la disperazione lucida che provavo, volevo solo smettere di provare quel dolore, non la vita; solo chi ci è passato lo capisce fino in fondo. Quando avevo già scavalcato con le gambe il parapetto, le mani restavano aggrappate… Alla fine sono caduto da 11 metri e avevo fratture ovunque; una lesione permanente al midollo spinale mi ha reso paraplegico, ma non ero morto: non ho perso i sensi, ho gridato, mi hanno soccorso con un elicottero. Poi ho perso conoscenza e mi sono risvegliato due giorni dopo in ospedale. Riuscendo a perdonarmi per il gravissimo gesto che avevo compiuto».
Seguono interventi complessi, lunghe riabilitazioni, con la voglia di sperimentarsi di nuovo nello sport, diventando «atleta paralimpico nello sci nordico e nella handbike». Due anni fa Giordano si separa dalla moglie, continuando a seguire la crescita delle figlie e a lavorare il legno: realizza giocattoli educativi artigianali. E ha scritto tre libri per ripercorrere la sua dolorosa esperienza e la sua rinascita straordinaria: «Il dopo non si capisce senza il prima. Ho imparato ad apprezzare come un dono ogni singolo istante», ripete, senza mai stancarsi di notare e amare i dettagli del quotidiano: «È la semplicità nelle piccole cose a riempirmi di stupore, come la magia di una lanterna che non ha pretese e per un attimo risplende come se fosse immensa. Nella semplicità si nutre e si ritrova l’essenza della vita», scrive nella sua pagina Facebook Gior dis.lab.
Parlarne è importante
Lo contattano in tanti: chi ha perso un proprio caro suicida e vive nel senso di colpa o nella rabbia, giovani in difficoltà, a volte chi come lui ha cercato di togliersi la vita. «Comprendo il dramma di chi nel suo silenzio e nella sua ombra vive senza provare nessuna gioia ed emozione, spogliato di ogni passione. Quello che succede dentro di noi non è facile da gestire», osserva. Durante gli incontri nelle scuole medie e superiori, i ragazzi si aprono parlando di episodi di bullismo e cyberbullismo subiti, dei disturbi alimentari, anche della depressione spesso «trattata con diffidenza».
Nei suoi libri (“Mi spinge la salita” uscito nel 2011, “Esserci può bastare” del 2014 e “Il bisogno di morire”, pubblicato due anni dopo), molte persone riconoscono il loro disagio e trovano il coraggio di aprirsi, di chiedere aiuto, di curarsi e guarire.
La crisi e i suicidi
Purtroppo il clima generato dal Covid-19 ha provocato un aumento dei suicidi: da marzo a oggi in Italia se sono registrati 71 e 46 tentativi, a fronte di un numero di suicidi per crisi economica che nello stesso periodo del 2019 si attestava a 44 e quello dei tentati suicidi a 42. Lo hanno segnalato gli psichiatri che hanno partecipato a un recente convegno internazionale promosso dalla Sapienza Università di Roma con il sostegno della Fondazione Menarini. Pesano, oltre all’aggravarsi della congiuntura economica, anche l’isolamento sociale e il peggiorare di un disagio psichico esasperato dalla pandemia. Di prevenzione del suicidio si sta parlando alla XVIII edizione del Convegno internazionale di suicidologia e salute pubblica, in corso fino al 12 settembre (www.prevenireilsuicidio.it; www.giornataprevenzionesuicidio.it).
«La realtà è molto più sommersa di quello che sappiamo. Molti casi si sono verificati in Valle Seriana, dove vivo. Resta tanto da fare per intercettare questo disagio interiore, un malessere asintomatico che non passa», avverte Giordano. «La depressione è una malattia nascosta, in due casi su dieci non viene diagnosticata e curata in maniera corretta. Non bisogna vergognarsi di essere depressi. E tutti dobbiamo fare rete, non stigmatizzare il disagio mentale né i più fragili, coloro che hanno una struttura emotiva diversa. Tutti possiamo fare qualcosa per dare una mano. E parlarne aiuta sempre. Per me significa vivere il qui e ora come un grandissimo dono».
4 risposte a “SUICIDIO: LA STORIA DI GIORDANO E L’IMPORTANZA DI PARLARNE”
Splendido articolo!
Grazie Paola!
Meraviglioso articolo che tratta con estrema delicatezza una storia di sofferenza autentica e un tema difficile da argomentare.
Grazie Elena!