TUTTA LA CREATIVITÀ DELLE NUOVE TECNOLOGIE, CONTRO LA POVERTÀ EDUCATIVA
Si può creare un'app, si può imparare il coding, persino usare i social. L'obiettivo è impadronirsi della comunicazione
08 Agosto 2019
Quando parliamo di povertà educativa, non ci riferiamo solo alla povertà economica del nucleo familiare da cui proviene il minore, ma ad un insieme di fattori che, combinati insieme, portano il minore a vivere una condizione di marginalità: il contesto economico, abitativo, la possibilità di disporre di spazi accessibili, la carenza di servizi e di opportunità educative.
Save the Children nel 2014 ha introdotto l’IPE, l’Indice di Povertà Educativa, per poter misurare i progressi dell’offerta formativa a livello regionale. L’indice è composto da dodici indicatori percentuali: oltre al dato della dispersione scolastica, l’indice include l’offerta culturale fruita dai ragazzi (libri, musei, mostre), l’accessibilità a spazi dedicati allo sport, gli edifici scolastici in buone condizioni e tutti i servizi ad essi collegati (mensa, doposcuola). Il dodicesimo indicatore riguarda quei minori (compresi tra 6 e 17 anni) che non utilizzano internet e porta al tema dell’uso delle tecnologie contro la povertà educativa. Anche l’accesso limitato ai nuovi mezzi di comunicazione è, quindi, considerato fattore che contribuisce alla povertà educativa di un territorio.
LA SCUOLA. Il dato dell’alfabetizzazione digitale di bambini e ragazzi è strettamente correlato alla tecnologia presente all’interno delle scuole italiane. Nel 2018 il portale Skuola.net ha realizzato un rapporto a campione sull’uso della tecnologia all’interno delle classi italiane. Le aule computer – evidenzia il rapporto – sono presenti in 9 istituti su 10, ma solo nel 39% dei casi vengono usate frequentemente. Dati meno incoraggianti riguardano i problemi di connessione, infatti 1 studente su 4 afferma di non avere una connessione wi-fi che arrivi nella propria classe, a cui va aggiunto un 13% che può sfruttare solo la connessione presente in alcune aree della scuola o nei laboratori. Il dato interessante è che quasi tutti gli studenti sono dotati di un pc o di un tablet personale, ma il 58% di loro non lo utilizza (o non è messo in condizione di farlo) per la didattica frontale (nelle regioni del Sud Italia si arriva al 78%). Quindi gli studenti italiani hanno in dotazione questi strumenti, ma, probabilmente, non sanno come utilizzarli.
LE ESPERIENZE. Anche in questa direzione è andato il Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile attuato dall’Impresa sociale Con i bambini, che in questi ultimi anni ha finanziato servizi e attività nelle regioni italiane, per contrastare le diverse forme di povertà educativa.Tanti i progetti dedicati all’educazione digitale dei più piccoli, realizzati all’interno di contesti scolastici ed extra-scolastici.
Tra questi OpenSpace (Action Aid), che insieme alla Fondazione Mondo Digitale ha installato a Bari, Milano e Reggio Calabria delle “palestre dell’innovazione”, spazi ricavati all’interno della scuola, che vengono arricchiti con stampanti 3D e laser, kit di robotica e pc predisposti per il video-making con realtà virtuale. I corsi hanno coinvolto più di 200 ragazzi che hanno familiarizzato anche con le basi del coding: una programmazione software che ha fatto comprendere loro come nasce un videogioco e come si costruisce una storia animata.
Sono tanti e molto diversi tra loro gli strumenti che si scoprono esplorando l’uso delle tecnologie contro la povertà educativa. A Foggia, Bari e Cisternino, Salesiani per il Sociale Asps e l’associazione Mecenate90, con il progetto Saperi Digitali, attraverso un bot di Telegram, sono riuscite i mappare digitalmente emozioni come la rabbia, la paura e la felicità, posizionandole in alcuni luoghi e quartieri della città: si è così generato un grande gioco virtuale, fatto di sfide ed esplorazioni urbane, che ha coinvolto tanti ragazzi.
Gli studenti dell’istituto comprensivo Linussio di Paularo (Friuli Venezia Giulia), insieme al Centro Zaffiria, hanno sviluppato l’app Floris. In Floris il giocatore esplora un giardino virtuale alla ricerca di vari insetti che lo abitano; ogni insetto scoperto porta alla nascita di nuovi fiori, che vanno a popolare un habitat sempre in crescita. La particolarità di questa app è che gli stessi giocatori possono diventare creatori: disegnando un insetto di carta, possono digitarlo con la fotocamera del cellulare ed aggiungerlo come elemento di gioco.
LA PIATTAFORMA. Non solo educare i ragazzi all’utilizzo di questi mezzi ma attraverso la loro esperienza di nativi digitali, coinvolgere le famiglie del territorio. A Lucca, la Fondazione Volontariato e Partecipazione insieme al Comune ha lanciato Condividimi, una piattaforma dove ogni famiglia può pubblicare i propri annunci per proporre oggetti o servizi che non utilizza più o per cercarne altri. A stimolare lo scambio tra famiglie sono gli stessi ragazzi, che grazie al portale possono partecipare ad esperienze, gite fuori porta ed escursioni. Una modalità per educare adulti e ragazzi al concetto di gratuità e al senso di comunità.
Investire su questi nuovi tipi di didattica, che mettono in campo le tecnologie contro la povertà educativa, non vuol dire guardare al futuro, ma leggere il presente e rispondere al bisogno dei tanti nativi digitali che chiedono opportunità formative in questo campo. Una riflessione che dovrebbe partire dai piccoli territori, dove la povertà educativa prende sempre più piede.
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