DI RITORNO DA AMATRICE. LA TESTIMONIANZA DI UN SOCCORRITORE
Dalle operazioni di soccorso alla raccolta degli aiuti. «Ora dobbiamo aiutarli a ricostruire e a rimanere lì»
29 Agosto 2016
In queste ore stanno venendo alla luce le storie e le testimonianze delle persone che si sono viste coinvolte dal terremoto. Le storie delle vittime, dei sopravvissuti ma anche dei soccorritori, che con il loro gran lavoro hanno salvato centinaia di vite. Tra loro, oltre alle forze dell’ordine, all’esercito e ai Vigili del Fuoco, anche un esercito di volontari della Protezione Civile, accorsi con le loro squadre da tutto il Centro Italia. A loro rappresentanza abbiamo intervistato Marco Colini, presidente dell’associazione di Protezione Civile Arci SVS Brigata Volontaria Roma , accorso sul posto sin dalle prime ore successive al terremoto.
I vostri volontari sono stati attivati subito, dove e con che compito siete intervenuti quella mattina?
«Alle 9.00 già due nostre ambulanze si trovavano sul posto. Siamo stati contattati dal primario dell’ospedale di Amatrice per aiutare a spostare e mettere in salvo i degenti dell’ospedale. Dopo aver terminato questa operazione ci siamo spostati a Saletta, un piccolo paesino, frazione di Amatrice, per scavare e estrarre dalle macerie chi non ha fatto in tempo a scappare».
Intervenire in queste situazioni comporta certamente un impatto emotivo e un coinvolgimento personale notevoli, c’è qualcosa che più di tutto vi ha colpito durante le operazioni di soccorso?
«Ovviamente è stata un’esperienza fortissima per molti aspetti. Una cosa che ha reso ancor più difficile il nostro lavoro a livello emotivo è stata sicuramente il grande legame che c’è tra Roma, Amatrice e in particolare la frazione su cui stavamo operando. C’erano ragazzi, nostri conoscenti, che ci chiamavano per avere notizie dei propri genitori, parenti o conoscenti, proprio mentre noi li stavamo estraendo dalle macerie, molti senza vita. Abbiamo anche estratto dalle macerie un nostro ex socio, che ci ha riconosciuti, e la moglie che purtroppo non ce l’ha fatta».
Qualche considerazione riguardo l’operato della cosiddetta “macchina dei soccorsi” avendone fatto parte e vedendola all’opera da vicino. Ha funzionato? C’è qualcosa che poteva essere fatto meglio o diversamente?
«La macchina dei soccorsi si è mossa velocemente ed ha risposto bene, forse si poteva gestire meglio proprio questa tempestività, creando un percorso preferenziale per i mezzi di primo soccorso come le ambulanze. Sono stati portati sul posto fin da subito tantissimi mezzi, inclusi camion con materiale di supporto per le popolazioni, che hanno reso difficile il passaggio poiché le vie d’accesso erano già molto piccole».
Fin da subito l’Italia ha dimostrato vicinanza alle popolazioni colpite con raccolte di beni e soldi e migliaia di persone pronte a intervenire come volontari per aiutare come possibile. Come l’avete percepita voi, che vi trovavate in prima linea?
«L’Italia ha dimostrato la sua grande solidarietà e questo si è percepito fin dall’inizio. Sono stati raccolti tantissimi beni, soltanto con la nostra associazione abbiamo caricato e inviato 500 quintali di beni. Adesso anche queste raccolte andranno gestite, è stato messo a disposizione un grande magazzino gestito dalla Regione Marche, dove si stanno trasferendo molti dei beni raccolti che poi verranno gestiti dalla Protezione Civile. Per quanto riguarda i volontari ora non c’è bisogno di un grande numero come durante i giorni scorsi».
Voi siete rientrati a Roma, come sosterrete in futuro le popolazioni colpite dal terremoto e quali sono le loro esigenze una volta passata la prima emergenza?
«Noi abbiamo dato disponibilità per dare il cambio nei turni per la gestione dei campi nelle prossime settimane. Con l’Arci ci stiamo organizzando per rimettere in piedi il “bibliobus”, che girava a L’Aquila. Stiamo aspettando anche direttive dal Provveditorato per avere le liste dei libri scolastici in modo tale da comprarli e distribuire anche quelli.
Forse è presto, ma fin da subito ci si deve sforzare per permettere alla popolazione di rimanere lì e ricostruire ciò che hanno perso. Al di là della ricostruzione delle case ci si può impegnare da adesso a supportare i singoli cittadini. Ad esempio vanno sostenuti gli allevatori, che hanno perso strutture e mezzi e non hanno la possibilità di gestire l’estrazione e la lavorazione del latte, problema per cui sembra si stiano muovendo alcuni caseifici esterni, come quello dell’Aquila. Ovviamente non c’è una ricetta univoca, ma l’impegno di tutti, compreso quello delle associazioni di volontariato, deve essere quello di ricostruire la vita delle persone in quei posti e fin da subito ».