TROVAVOLONTARIATO: CHI SONO GLI ASPIRANTI VOLONTARI?
Sono donne, giovani, per metà non occupati. Ma anche pensionati e lavoratori a tempo pieno. L’identikit di chi si rivolge al trovavolontariato
23 Aprile 2018
In sei anni di attività del progetto trovavolontariato , gli operatori dei Centri di Servizio del Volontariato del Lazio hanno incontrato 4077 persone interessate a fare volontariato sui territori di Roma e del Lazio.
Un campione molto vasto, che dimostra un interesse piuttosto concreto poiché disponibile, dopo aver compilato la scheda su internet – in totale le iscrizioni ricevute sono 7136 – a recarsi in una delle sedi dei CSV per un colloquio informativo e conoscitivo sul trovavolontariato.
Cerchiamo allora di ricavare dai dati a disposizione qualche riflessione interessante ed utile in merito a chi , oggi, desidera avvicinarsi al mondo del volontariato.
L’IDENTIKIT DEGLI ASPIRANTI VOLONTARI. Il nostro campione è senza dubbio in maggioranza femminile: il 70% dei colloqui, infatti, sono avvenuti con donne. Un dato costante che viene rilevato, anno per anno, dal 2012.
Le richieste che arrivano al trovavolontariato coprono età dai 18 agli oltre 65 anni (per scelta il servizio è rivolto esclusivamente ai maggiorenni). Il gruppo più “consistente” è, senza dubbio, quello che copre la fascia 18/29 anni (32%), che risulta essere, da solo, un terzo del totale.
Al secondo posto il gruppo 30/39 (19%), mentre tutte le altre fasce d’età (40/49 -50/59 e oltre 60) risultano tutte intorno al 10% ciascuna. I profili dell’età anagrafica, come si vede, sono molto variegati, tranne per quanto riguarda la popolazione giovanile, che spicca per numero di richieste e colloqui effettuati.
Per quanto riguarda l’occupazione, la metà delle persone che abbiamo incontrato (50%) si trova in una situazione di non occupazione (studenti, disoccupati, pensionati, casalinghe), cosa che probabilmente permette di avere un tempo maggiore di cui disporre. Il 37%, invece, si dichiara occupato in vario modo (dipendente, autonomo, a contratto), il restante 13% non risponde. È molto interessante vedere come una buona parte delle persone interessate siano anche quelle occupate con un lavoro stabile e a tempo pieno, poiché evidenzia come il volontariato non venga svolto solo “da chi ha tempo libero” ma sia un valore di per sé, per il quale si è anche disposti a riorganizzare il proprio tempo e ad impegnarsi in maniera continuativa.
OLTRE I DATI. Oltre al dato quantitativo, raccolto all’interno del database del progetto, c’è poi il dato “qualitativo” ovvero quello raccolto dagli operatori all’interno dei colloqui conoscitivi. Ed è un dato che, seppur meno quantificabile, permette di andare molto più a fondo nella conoscenza dei profili e delle situazioni che guidano le persone a ricercare informazioni per poter iniziare un’attività di volontariato.
Facciamo , allora, alcune riflessioni derivate dall’esperienza diretta che gli operatori hanno avuto con le persone, attraverso i colloqui dal vivo e che permettono di andare meglio nel dettaglio.
Una buona parte dei giovani incontrati nei colloqui sono studenti alla fine del loro percorso di studi, in attesa della tesi o appena laureati e in cerca della prima occupazione. Desiderosi di fare esperienze e di non “rimanere inoccupati” tra la fine degli studi e l’inizio del lavoro, molti ne approfittano per dare corpo al desiderio di fare volontariato, magari prima accantonato per gli impegni universitari.
Nonostante la precarietà, una buona parte dei giovani incontrati non teme di prendersi un impegno di tipo continuativo e cerca di portarlo avanti percependone il valore e l’importanza. Capita, però, sempre più spesso rispetto a qualche anno fa, di ricevere anche richieste per poter fare volontariato “a tempo”, magari tra la tesi di laurea e la partenza, dopo 3 mesi, per uno stage di lavoro.
Questo porta a fare una necessaria riflessione su come e dove orientare questa tipologia di richieste , che nascono con delle premesse di poca stabilità, venendo anche incontro ai bisogni delle associazioni. I cambiamenti sociologici aprono nuove sfide per rendere il volontariato sempre più accessibile e formativo, seppur con modalità e tempi differenti da quelli di una generazione fa.
Una riflessione per certi versi simile può essere fatta per tutti coloro che, al momento di fare il colloquio per il trovavolontariato, dichiarano di essere disoccupati. La fascia d’età è più trasversale, non sono necessariamente solo giovani e, in questo caso, la situazione è più sociale che generazionale, dovuta ai problemi di instabilità lavorativa in cui ci troviamo da ormai diversi anni. Anche qui c’è sicuramente una flessibilità che le persone dichiarano al colloquio (“ora ho tanto tempo a disposizione ma se dovessi trovare lavoro non potrei garantire la continuità”) da considerare nell’orientamento. Ma quel che emerge con forza è la necessità di non rimanere inoccupati, il desiderio di rivolgere in maniera costruttiva le proprie risorse personali e le proprie competenze anche come modalità di affrontare in maniera resiliente un periodo di difficoltà personale.
Una terza fascia di persone con le quali ci ritroviamo spesso ai colloqui sono le persone da poco pensionate. Questo tipo di aspiranti volontari desiderano ricostruirsi un nuovo ruolo personale e sociale, contribuire in maniera attiva alla comunità territoriale in cui vivono e mettere a disposizione l’esperienza, le competenze e anche il molto tempo libero a disposizione. Questo tipo di situazione ha, senza dubbio, una maggiore stabilità . Se ben orientate queste persone possono diventare grandi risorse per le associazioni di volontariato.
Un simile bisogno di utilità sociale e desiderio di contribuire in maniera fattiva nel proprio territorio emerge anche da tutta la fascia dei lavoratori attivi, che, nonostante il poco tempo a disposizione, sentono però di doversi impegnare attivamente, spesso utilizzando il tempo libero del fine settimana. Molto comune, in questi casi, anche il desiderio di voler porre a servizio della società civile e delle associazioni le proprie competenze professionali, ovviamente in maniera totalmente gratuita e volontaria.
Infine, un’ultima notazione la meritano tutte le richieste che arrivano al trovavolontariato con motivazioni più sociali e psicologiche. Da una parte, infatti, abbiamo le persone che chiedono di fare volontariato come attività alternativa alla detenzione (in questi casi si opera in collaborazione con i Tribunali e gli assistenti sociali che seguono i casi specifici) , dall’altra le persone che chiedono di fare volontariato come misura di supporto personale per disagi di tipo psicologico e sociale.
È evidente come il volontariato venga percepito, perciò, come una risorsa sociale e riabilitativa, come un luogo dove sia possibile fare esperienze formative e ristrutturanti di se stessi attraverso il mettersi a disposizione degli altri.
Sono situazioni delicate che vanno progettate con criterio e seguite nel tempo verificandone gli effetti, ma che mostrano un’altra grande sfida per le associazioni di volontariato e per i CSV che le supportano : confermare che il volontariato fa bene , prima di tutto, a chi lo fa e se, ben organizzato, ha un alto potere formativo, culturale e – perché no – anche di supporto terapeutico.