TROVAVOLONTARIATO: LE MOTIVAZIONI DI CHI SI AVVICINA AL PROGETTO
Essere utili, vincere la solitudine, formarsi. O solo stare bene. Una riflessione su cosa spinge le persone ad attivarsi e a rivolgersi al trovavolontariato
03 Maggio 2018
Dopo aver raccontato in maniera abbastanza approfondita la storia del progetto trovavolontariato e il suo funzionamento, ed aver visto chi sono i potenziali volontari che si sono rivolti a noi in questi anni, ora credo possa essere molto utile raccogliere le idee sui motivi che spingono le persone ad avvicinarsi al mondo del volontariato e perché, per farlo, utilizzano il trovavolontariato.
La scelta di incontrare personalmente presso le sedi dei CSV tutti coloro che si iscrivono al trovavolontariato se, da una parte, risulta essere un “filtro”, poiché una parte degli iscritti interrompe il percorso non potendo o non volendo partecipare ad un colloquio dal vivo, dall’altra, però, permette di andare molto più a fondo nella conoscenza delle persone e, in particolare, delle motivazioni che li muovono nel ricercare un’attività di volontariato e di poter ragionare con molti più elementi su quale possa essere l’associazione più adatta. Inoltre, parlare faccia a faccia con così tante persone, 4077 in 6 anni, ha permesso di raccogliere molte informazioni sulla base delle quali possiamo oggi fare una serie di considerazioni.
IL BISOGNO DI ORIENTAMENTO. La quasi totalità delle persone che hanno incontrato un operatore dedicato del trovavolontariato dichiarano di aver provato da soli a cercare delle possibilità di volontariato su internet, ma di aver trovato grandi difficoltà ad orientarsi e di aver vissuto con grande sollievo la scoperta del nostro servizio di orientamento. Le difficoltà (e quindi il motivo per cui si rivolgono a noi) sono dovute, principalmente, a due fattori.
In primo luogo il fatto di avere idee poco chiare sul volontariato: la maggior parte degli iscritti al trovavolontariato si avvicina al mondo del volontariato per la prima volta, non conosce bene il funzionamento di un’associazione, il tempo minimo necessario per iniziare a fare volontariato o le eventuali competenze necessarie. Si tratta, inoltre, di persone indecise su cosa gli piacerebbe fare davvero. Per questo, la maggior parte di loro ha difficoltà a ricercare da solo un’associazione e trova molto utile avere un interlocutore reale cui poter rivolgere una serie di dubbi e domande ed essere guidato nella scoperta dell’attività più adatta. Con queste persone il colloquio, oltre ad essere orientativo, assume una valenza anche informativa sul mondo del volontariato, delle associazioni e del loro funzionamento.
In secondo luogo la difficoltà nel reperire informazioni specifiche, anche se una piccola parte di persone arriva con le idee chiare su quello che vorrebbe fare, senza comunque essere riuscito a trovare un’associazione specifica cui rivolgersi.
IL BISOGNO DI SENTIRSI UTILI. Quando un operatore chiede cosa spinga la persona ad avvicinarsi per la prima volta al volontariato, in molti esprimono come primaria motivazione il desiderio di sentirsi utili, di fare qualcosa di buono che dia senso alle loro giornate. Una motivazione trasversale a tutte le età, che nasce spesso da un’esperienza personale, da un periodo di riflessione e crescita, dal contrasto con la propria vita molto veloce, a volte stressata e orientata solo al lavoro.
IL DESIDERIO DI FORMAZIONE NEI GIOVANI. Questa è una richiesta specifica del mondo giovanile che, in buona parte, si accosta all’esperienza del volontariato durante il periodo della formazione universitaria o subito dopo la laurea. Tra le altre motivazioni, spesso, questi ragazzi cercano anche un modo per poter fare delle esperienze inerenti il loro campo di studi ( vale molto per medici, psicologi, assistenti sociali, avvocati, ma anche per tutti coloro che studiano scienze politiche, cooperazione internazionale, lingue). Entusiasti, desiderosi di dare una mano e vogliosi di poter imparare e mettersi alla prova, questi giovani individuano nel mondo del volontariato un’occasione di crescita non solo personale, ma anche professionale, evidenziando come il lavoro non venga da loro visto solo come fonte di reddito ma come il proprio specifico modo di apportare un contributo alla società, cosa che sentono di poter realizzare anche dedicando una parte della loro iniziale vita professionale al mondo del volontariato.
IL BISOGNO DI NON ESSERE SOLI. Non sono rare, infine, le richieste che partono da una motivazione di bisogno personale. Persone sole ( appena trasferite, alla fine di una relazione, dopo un lutto importante, dopo una malattia) che cercano, attraverso il volontariato, la possibilità di creare o ricreare, una rete sociale intorno a sé. Alla base un genuino desiderio di riconnettersi agli altri, di aiutare ma anche di farsi aiutare ad uscire, magari, da un periodo difficile. Queste sono richieste tanto delicate quanto importanti, poiché evidenziano quanto il mondo del volontariato abbia un potere sociale e connettivo potenzialmente enorme, capace di incidere anche sulla vita dei singoli.
Il volontario, in fondo, lungi dall’essere un “super eroe” fuori dal mondo, è un essere umano calato in tutto e per tutto nella realtà, può essere toccato dal dolore tanto quanto le persone a cui presta aiuto. Non per nulla si sente spesso dire che “il volontariato fa bene a chi lo fa”, un detto supportato, tra l’altro, dai dati di diverse ricerche internazionali (in uno studio Inglese del 2016, ad esempio, si rileva come le persone in età più avanzata che fanno volontariato registrino un maggior livello di salute mentale ed emotiva rispetto ai loro coetanei non volontari).