TUTTO CHIEDE SALVEZZA: BASTA UNO SPUTO DI VENTO PER PORTARCI VIA
Il disagio mentale può capitare a tutti. A chi cerca il senso della vita, a chi porta dentro tutto il dolore del mondo. Tutto chiede salvezza, la serie di Francesco Bruni
17 Ottobre 2022
«Cosa ci faccio qui?». Pensate di svegliarvi, all’improvviso, nella fredda camerata di un ospedale psichiatrico, e di non ricordare come ci siete finiti. E di trovare accanto a voi un gruppo di persone in cui non vi riconoscete, che credete dei matti, mentre voi non lo siete. È questo senso di spaesamento, di rifiuto, quello che sente Daniele, il protagonista di Tutto chiede salvezza, una serie in 7 episodi di Francesco Bruni, liberamente tratta dall’omonimo romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli, in streaming su Netflix dal 14 ottobre. Una serie da vedere perché parla di disagio mentale in modo diverso dal solito, dal punto di vista di un ragazzo, un ventenne con un eccesso di sensibilità, che fa la conoscenza con l’ospedale psichiatrico. Un mondo a cui crede di non appartenere, ma che comincia ad accettare, così come fa con il suo disagio mentale. Daniele (Federico Cesari), dopo una crisi psicotica si risveglia nella camerata di questo posto, insieme a cinque compagni di stanza con cui pensa di non avere niente in comune I medici sembrano dirgli chi è, ma lui sente di non essere quello che dicono. E poi ci sono gli infermieri, che gli sembrano cinici e disinteressati. La madre (Lorenza Indovina) non vuole parlare con lui al telefono. E, una notte, arriva nel reparto una ragazza bellissima e fuori controllo. È Nina (Fotinì Peluso) e lui crede di conoscerla… Francesco Bruni, che ha scritto la sceneggiatura basandosi sul libro e diretto i sette episodi, ha definito Tutto chiede salvezza «un punto di arrivo di un arco narrativo che parte da Scialla e porta all’estremo un disagio che c’è in quei film».
Quel superpotere che è l’empatia
«È tutto senza senso. Se cerchi il senso ti prendono per matto». È questo che, nel suo monologo interiore, ci dice Daniele. È quello che lo definisce. E coglia anche il senso della serie. Tutto chiede salvezza riesce a dirci, come nessun’altra opera vista prima, che il disagio mentale è qualcosa che può capitare a tutti. Capita a chi cerca il senso della vita, a chi porta dentro di sé il dolore per gli altri, o quello di tutto il mondo. «Il mio personaggio ha la caratteristica di avere una ipersensibilità nei confronti della sofferenza altrui» ci ha raccontato Federico Cesari, l’attore protagonista. «È molto empatico. Personaggi così nella vita di tutti i giorni sono difficili da incontrare. L’arco narrativo del personaggio era piuttosto chiaro, la manifestazione fisica di Daniele era il lato più oscuro. Mi è stato chiaro qual era il superpotere, la sua caratteristica introvabile». «La grande scommessa della serie è far vedere che nelle persone questo superpotere è molto più facile da trovare di quello che si crede» aggiunge Daniele Mencarelli, l’autore del romanzo. «C’è un grande sommerso nella società. la serie dimostrerà a molte persone che questa linea di confine, questo crinale tra chi fa un Tso e chi ha i galloni della normalità, è inesistente. Qui nessuno mente, nessuno passa attraverso convenzioni, non c’è il mondo borghese che tende a nascondere sotto un tappeto, ognuno è portatore di verità».
Il nostro mondo interiore: affrontarlo insieme conviene, affrontarlo da soli schiaccia
Tutto chiede salvezza arriva in streaming dopo che la pandemia ha accentuato il disagio nelle persone, e dopo che molto del disagio latente che c’era nella società è venuto a galla. «Il Covid è stata una sveglia per tanti che non guardavano al loro mondo interiore» riflette Mencarelli. «Non credo che esista un momento della Storia più adatto a questo discorso. il mondo vacilla da più parti, tanti uomini di grande potere non hanno mai avviato un lavoro di dialogo con la loro interiorità. Esiste un mondo interiore in noi, e affrontarlo insieme conviene; affrontarlo da soli schiaccia». Tutto chiede salvezza colpisce perché ad essere malato è un ragazzo giovane, ed è proprio ai ragazzi, che la pandemia ha colpito di più psicologicamente, che corre il pensiero. «È vero, abbiamo una nevrotizzazione che esplode da più parti e colpisce target sempre più giovani, anche i bambini» riflette lo scrittore. «Ma dobbiamo fare attenzione tra quello che veramente è nevrosi e psicosi e la tendenza a confondere qualsiasi elemento di sensibilità umana in patologia. Un uomo che pensa alla morte è un uomo che pensa alla sua natura, non necessariamente è un uomo malato. Io ho avuto la fortuna di incontrare la lingua che fa di questi temi il canto, la poesia, a quattrodici anni. La prevenzione è giusta, ma vanno coltivate quelle lingue che raccontavano l’uomo nella sua complessità».
Siamo come una piuma: basta uno sputo di vento per portarci via
Come si dice, da vicino nessuno è normale, e Tutto chiede salvezza vuole dirci proprio questo. Lentamente, la percezione del disagio mentale sta cambiando, anche se c’è ancora molta strada da fare. «C’è una maggiore attenzione e un maggiore ascolto rispetto alla tematica» riflette l’attore protagonista. «Il problema è che non siamo completamente usciti dallo stigma, la malattia psichiatrica non la sin intende come malattia, ma come uno stato di sofferenza. E per questo si crede che possa dipendere dalla volontà dell’individuo uscirne. In maniera indiretta ho vissuto una storia di depressione, è capitata a persone molto vicine a me. E ho sentito dire “quella persona si sta rovinando la vita con le sue mani, perché non fa qualcosa?”, come se fosse la scelta di quella persona entrare o uscire da quella condizione, come se fosse un personaggio. L’andare dallo psicologo viene visto come qualcosa di non necessario, quando tutti avremmo bisogno di una figura di supporto». La pensa allo stesso modo Lorenzo Renzi, che nella serie è Giorgio, uno dei compagni di camerata di Daniele, un gigante buono, a tratti iracondo, un uomo che in qualche modo è rimasto bambino. «Io conosco da vicino la tematica del disagio mentale» ci rivela. «Mio padre ha un disturbo importante, è un collezionista seriale. Quello che delude, in un paese che in altre circostanze ha dimostrato umanità, è che avere un mal di denti è normale, e vai dal dentista, mentre un disturbo mentale porta ghettizzazione». «Se ci fosse stata nei confronti di mio padre un’attenzione, un sostegno all’epoca» continua, «oggi tutti noi, che in famiglia abbiamo avuto un effetto domino devastante, avremmo avuto una vita migliore. La soglia che divide chi ha un disagio mentale da una persona normale è sottilissima. Dobbiamo sostenere chi ha questi problemi, a volte denunciarlo, come chi ha una dipendenza». «Non riesco ad aprire gli occhi. Non riesco neanche a chiedere aiuto. Possibile che nessuno si accorga che siamo come una piuma? Basta uno sputo di vento per portarci via» recita il protagonista nella serie. Ed è vero. Siamo un po’ tutti così, su quella linea, a un passo dallo stare dall’altra parte. Non c’è un noi e un loro: ma siamo davvero tutti come una piuma, e uno soffio di vento può portarci dall’altro lato.