UN ARCHIVIO DELLE BUONE PRATICHE, PER DIVENTARE COMUNITÀ EDUCANTI
Pensato da Raccontarsi Raccontando, coinvolge 35 realtà impegnate in campo educativo. Ma vuole crescere ancora
09 Novembre 2020
Uno strumento dinamico, aperto a spazi innovativi di espressione e capace di conservare non solo la memoria dell’attività didattica, ma anche gli apporti di integrazione educativa provenienti dal territorio. È l’ Archivio Vivente di buone pratiche, un’iniziativa promossa dall’associazione Raccontarsi Raccontando nel Municipio III di Roma, sulla scia di Radici di Comunità, il progetto contro la povertà educativa che ha per capofila Cemea del Mezzogiorno e che si propone, tra le altre cose, di riappropriarsi della scuola e degli spazi comuni, nonché il coinvolgimento e allargamento della comunità educante.
Dal cartaceo all’online
Ed è in perfetta sintonia con questi obiettivi, che Raccontarsi Raccontando ha proposto la costituzione di un archivio, inizialmente cartaceo, all’interno del plesso Bartali dell’Istituto comprensivo Uruguay, in zona Settebagni. «Lo strumento è stato presentato come idea praticabile il 31 gennaio 2020 alla presenza di alunni, genitori, insegnanti, amministratori locali, entità territoriali e ha trovato posto nella biblioteca scolastica, che è attualmente in fase di rinnovo grazie al progetto Unicef “Lost in Education”», spiega Annamaria Calore, presidente di Raccontarsi Raccontando. «Recentemente l’archivio è stato predisposto anche online e ciò ha rappresentato un’ottima opportunità in tempi di pandemia».
Tener vive le buone pratiche
Ma come un progetto di questo tipo può interessare le buone pratiche? Il filo rosso che ne guida la costruzione «è l’impegno educativo verso le nuove generazioni e quello autoeducativo che riguarda docenti, educatori, presidenti di associazioni e cooperative», precisa Annamaria. «Nell’archivio, che è in via di perfezionamento, trovano dunque spazio quelle buone pratiche educative che sono state sperimentate e raccolte attraverso corsi di formazione, resoconti di progetti attuati, video, slide, foto, diari scolastici, quaderni ed elaborati donati dai ragazzi, insegnanti e genitori».
Esperienze e interazioni che vengono così consegnate alle collettività come patrimonio condivisibile, ripetibile, migliorabile e, dunque, vivente. «Le cose belle e preziose esistono, bisogna solo farle conoscere», prosegue la presidente. «Donare al sociale questo patrimonio di insostituibile valore è fondamentale per far nascere, a livello territoriale, una comunità educante a supporto della crescita cognitiva dei ragazzi e del compito educativo di insegnanti e famiglie».
Lavoro in sinergia e in rete: è dunque questa la conditio sine qua non per ampliare l’archivio, quale strumento atto a generare non solo nuova conoscenza, ma anche percorsi di coinvolgimento e di scambio. «Attualmente sono 35 le entità territoriali del III Municipio interessate a far parte di questa comunità. Tra esse, c’è quella che si occupa di economia circolare, di scambio intergenerazionale o di lotta allo stigma», commenta ancora Annamaria, che auspica nel breve tempo un ampliamento della rete, fondamentale «per orientare le risorse disponibili verso una educazione di qualità e lo sviluppo delle potenzialità delle nuove generazioni».
Un progetto in itinere
In tal senso l’ Archivio Vivente di buone pratiche può rappresentare la base ideale, da cui partire per sviluppare un senso di responsabilità sociale e per ricostruire la storia educativa e culturale di un territorio.
Oggi la sua attività di costruzione e sistemazione procede, se pur a distanza, con grande entusiasmo e speranza. «L’archivio possiede un discreto iniziale patrimonio di buone pratiche, sia cartaceo che digitale, ma si può e si deve fare ancora di più», aggiunge. «Per questo ci auguriamo che si possa tornare presto a lavorare in orario curriculare con i giovani, soprattutto con coloro che hanno l’insegnante di sostegno, per poterli coinvolgere nell’organizzazione dei documenti cartacei presenti nella biblioteca scolastica».
Un progetto in itinere, che si propone dunque non solo di valorizzare l’offerta educativa e le risorse territoriali, ma anche di «restituire un’anima ai luoghi nei quali bambini e ragazzi vivono e sognano il proprio futuro».
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