UNA MULTA A UN DISABILE PUÒ ESSERE SEGNO DI INCLUSIONE
Il mondo della disabilità reagisce ad un post pietistico di Salvini. E scoppia il dibattito: le regole valgono per tutti, salvo stati particolari di necessità
di Redazione
01 Febbraio 2021
Qual è il limite tra solidarietà e pietismo? Dov’è il limite tra rigore e rigorismo? E quando la legge “uguale per tutti” può diventare cieca e spietata per qualcuno? E ancora: una sanzione può diventare strumento d’inclusione? Il caso dell’uomo con disabilità multato a Macerata per essersi “riparato dal freddo” entrando in un bar con la sua carrozzina, accende il dibattito e pone al centro queste e altre questioni. Tra le tante voci e le diverse opinoni espresse, spiccano quelle di Iacopo Melio, consigliere regionale fiorentino e Matteo Salvini, leader della Lega, che infiammano i social.
«Ma perché non si applica la legge del Buonsenso?», domanda Salvini, condividendo la notizia della multa a un disabile. «Se verrà confermata la multa a questo signore, gliela pagheremo noi», fa sapere il leader della Lega, che avrebbe anche contattato il protagonista della vicenda.
Gli ribatte Melio, dall’ospedale in cui di nuovo è ricoverato per accertamenti dopo aver contratto il Covid: «Le regole sono uguali per tutti, anche questa è inclusione. Invece di sfruttare i disabili con del becero pietismo, inizia a parlare di vita indipendente, Dopo di noi, cannabis terapeutica, caregiver, pensioni d’invalidità».
La pensa così anche Laura Coccia, atleta con disabilità: «Lottare affinché le persone con disabilità abbiano pari opportunità vuol dire anche lottare affinché se un disabile infrange la legge paghi la multa come tutti i cittadini. Le persone disabili non hanno bisogno né di pietà né di ridicola propaganda».
E pubblica un lungo ragionamento Francesco Cannadoro, papà caregiver e “influencer”: «Ci sono delle regole? Sì. Vanno rispettate? Si. L’inclusione dev’essere un lavoro compiuto da tutte le parti in gioco? Sì, a prescindere che si tratti di disabilità, immigrazione, sessualità… Se qualcuno pretende di poter godere del proprio diritto di far parte al 100% della società in cui è nato (o alla quale si è unito), così come mamma l’ha fatto, senza pregiudizi di sorta, ci deve mettere del suo come ogni singolo cittadino. Non vedo come le singole peculiarità possano esonerare dalle regole (laddove non intervenga una chiara limitazione insuperabile di base al rispetto della regola stessa, sia chiaro). Se le regole dicono che non si può bere il caffè all’interno dei locali pena multa», continua Cannadoro, «chi beve un caffè all’interno di un locale e prende la multa, se la tiene». Insomma, per Cannadoro, non c’è ragione che tenga: «Eh ma si stava riparando dal freddo, ci va un briciolo di attenzione in più per le persone più fragili… Alt: se la persona si fosse trovata nella condizione di dover essere soccorsa e avesse preso una multa per essersi trovata all’interno del bar in un momento di bisogno, sarei stato il primo a scendere in campo, lo sapete. Ma il signore si stava bevendo un caffè e, per comodità, se lo stava bevendo al bar per stare al caldo. Quindi, per quanto ne sappiamo (da quanto si può leggere in giro), la multa ci sta tutta».
C’è però anche un altro aspetto, che pure va considerato: «Parliamo ora della sensibilità personale della persona che questa multa l’ha fatta. Poteva essere un pizzico più sensibile? Probabilmente si. Era moralmente obbligato dalla situazione? No, anzi, il contrario. La situazione sanitaria non consente di chiudere un occhio e l’agente ha fatto bene. Il multato non era in evidente difficoltà per via della sua condizione (o almeno dagli articoli che ho letto non emerge) e davanti alla legge siamo tutti uguali. Se fosse stato amico/parente del vigile avrebbe preso ugualmente la multa? Probabilmente no, siamo tutti d’accordo. Ma questa è un’altra storia, è un processo alle intenzioni e io non ne faccio. Se uno sbaglia, paga», conclude Cannadoro. «Anche questa è inclusione».
Articolo tratto da “Redattore Sociale“.