CORONAVIRUS: IL LAVORO DELL’UNITÀ DI STRADA PER LE PERSONE PIÙ A RISCHIO
L'emergenza vissuta dall'Unità di Strada Stazione Tiburtina ha il volto dei tossicodipendenti, degli homeless, degli alcolisti. Con i quali continua a lavorare
26 Marzo 2020
Il servizio riduzione del danno dell’Unità di strada Stazione Tiburtina è uno di quelli che non può essere sospeso anche in questo momento, perché lascerebbe senza assistenza una popolazione già fragile come i tossicodipendenti e gli alcolisti
In questi giorni in cui l’Italia si è fermata per l’emergenza Coronavirus, infatit, ci sono alcuni servizi che non possono fermarsi. Perché là fuori, in strada, ci sono persone che rischiano, per il Coronavirus ovviamente, ma che continuano ad essere in pericolo anche per i rischi legati alla loro condizione. Parliamo dei tossicodipendenti e degli alcolisti, oggi più che mai a rischio perché la loro condizione li porta ad essere immunodepressi. Per loro da anni lavora alla riduzione del danno l’Unità di strada Stazione Tiburtina (Unità mobile per prevenzione patologie correlate diurna – Stazione Tiburtina), un servizio regionale finanziato dalla ASL RM2 gestito dall’ Associazione La Tenda, come capofila, e dalla Cooperativa Sociale Il Cammino.
Le persone che lavorano all’unità di strada in questi giorni si sono trovati di fronte a un bivio e a un grande dubbio. Quello di restare a casa, come ci viene ripetuto ormai quotidianamente da più parti, per preservare noi, ma anche gli altri, da un possibile contagio, e quello di non lasciare senza servizio un’utenza che oggi più che mai ne ha bisogno, per essere informata sulle nuove norme e per non essere abbandonata ai rischi che correrebbe senza il servizio di riduzione del danno.
Ne abbiamo parlato con Carmela Sgrò, coordinatrice del servizio, psicologa, impegnata ogni giorno in prima linea. «Inizialmente ci siamo ritrovati spiazzati da quello che è successo», ci ha confessato. «E come tutti abbiamo ragionato sulle informazioni che arrivavano: diverse, contrastanti. Eravamo confusi: siamo esseri umani anche noi. E dentro di noi c’era la paura per quello che stava succedendo». «Ma ci ha aiutato tanto parlare tra di noi», continua. «Ci siamo scoperti preoccupati per la nostra salute. E quindi abbiamo pensato a quello che poteva accadere alla nostra utenza, e a quanto loro non avessero le strutture e neanche le competenze per affrontare la situazione».
Isolati nell’isolamento
La riflessione allora è andata in due direzioni. Se, oggi più che mai, dobbiamo pensare a proteggere noi stessi, si tratta di pensare anche a chi ha bisogno di un’ulteriore protezione. E soprattutto di informazione.
«Questo ci ha portato a ragionare su come tutelarci e anche come cercare di tutelare anche loro», racconta Carmela Sgrò. «Ci siamo resi conto che alcuni utenti, se noi non fossimo andati sul territorio a raccontare quello che stava succedendo, non avrebbero avuto accesso a canali informativi. Ci siamo immaginati questo ulteriore isolamento, in questo isolamento generale in cui stiamo vivendo tutti. E la prima cosa che ci ha spinto a muoverci e a tornare sul territorio è stata quella di parlare con loro, far capire loro cosa stava accadendo». Alcuni degli utenti dell’unità di strada, infatti, sono senza fissa dimora e hanno difficoltà a reperire informazioni.
«Questo è un ruolo che inizialmente abbiamo assunto e abbiamo ritenuto fondamentale, per l’utenza. Offrire un canale, aprire una finestra su questo mondo. Abbiamo sentito la necessità di tutelarli… Lo abbiamo fatto con piccole cose, inizialmente», continua. «Abbiamo portato volantini informativi sulle norme da seguire, gli abbiamo portato dei saponi per lavarsi le mani, cose che per noi sono normali e per loro non lo sono».
Il rifiuto iniziale
Il punto è che Carmela e i suoi colleghi, ogni giorno, incontrano una popolazione molto complessa. «Noi siamo un’unità di strada per la riduzione del danno, che si rivolge soprattutto ai tossicodipendenti, ma ci sono anche quelli senza fissa dimora, e ognuno ha accesso alle informazioni in maniera diversa e reagisce in maniera diversa», spiega la psicologa. «Noi abbiamo con tutti una relazione forte, loro conoscono il servizio da anni e lo frequentano da anni. All’inizio abbiamo avuto delle difficoltà. C’era in loro una sorta di rifiuto di quello che stava succedendo, dato proprio dalla paura, dal sentire di questa situazione enorme che non poteva controllare. Abbiamo faticato nel far arrivare loro quelle piccole regole, come “mantieni la distanza”, “non scambiare le bottiglie quando bevi, o la canna, o la sigaretta”. Stiamo cercando di gestire questi piccoli comportamenti che uno fa, senza rendersi conto che si sta esponendo al rischio».
L’ Unità di strada Stazione Tiburtina
L’Unità di strada, oltre al lavoro di informazione, ha continuato nel suo abituale servizio, con nuove modalità, nel rispetto delle norme sanitarie. Si è trattato di definire dei confini fisici. Ma la cosa ha significato un grande cambiamento nell’impostazione del servizio. «Abbiamo costruito un confine con un nastro, proprio per mantenere la distanza data dalle linee ufficiali, e li facciamo avvicinare uno alla volta», ci ha spiegato Carmela Sgrò. «Questo serve a mantenere una distanza con noi, una postazione di sicurezza, ma lavoriamo ogni giorno affinché mantengano la distanza tra di loro». «Il tossicodipendente ha una caratteristica della personalità per cui il confine è una cosa molto aleatoria», riflette Carmela. «Mettere un confine a persone che hanno difficoltà a gestirli non è una cosa semplice. Negli ultimi turni stiamo notando però una buona aderenza alle norme».
Ma in questo modo è cambiata molto l’unità di Strada Stazione Tiburtina. «Una parte importante del nostro intervento è mutilato», spiega la psicologa. «Abbiamo sempre lavorato per abbattere le distanze, fisiche ma anche emotive, per far emergere il sommerso. Oggi stiamo lavorando sul mantenere la distanza, che è un po’ il contrario di quello che facevamo. Stiamo cercando di trattenerli il meno possibile in postazione, perché non si creino assembramenti: c’è molta polizia e ci farebbero interrompere il servizio. Prima lavoravamo per trattenerli il più possibile in unità di strada, perché, per un alcolista, stare per un’ora con l’unità di strada vuol dire che per un’ora non bevi. È un po’ tutto nuovo anche per noi».
Per lavorare in questo nuovo modo sono stati intensificati gli spazi di confronto del gruppo di lavoro. «Ho appena finito la riunione su Skype», racconta Carmela. «Ci siamo ritagliati più spazi rispetto alla solita riunione settimanale, e da un’iniziale preoccupazione ci siamo attivati molto, cercando di lavorare su materiale informativo, che sia il più possibile accessibile a questa popolazione. Abbiamo lavorato molto sulla nostra resilienza, sulla capacità di trasformare questo momento utile e costruttivo».
Continua la riduzione del danno
Certo, oltre alle loro forze e alla loro determinazione servirebbe anche qualcos’altro. «Il nostro sogno sarebbe riuscire a distribuire mascherine e gel disinfettanti anche a queste persone, ma stiamo faticando a reperirle anche per noi».
Il materiale distribuito è allora quello di sempre. «Continuiamo a distribuire siringhe e preservativi, materiale che continuano a chiedere», racconta Carmela Sgrò. «Oggi abbiamo distribuito più di un centinaio di siringhe. Il motivo per cui dovevamo continuare ad essere presenti sul territorio, in maniera sana e tutelata, è che noi non potevamo esporre un’utenza a dei rischi, perché non esiste soltanto il Coronavirus, ma anche i normali rischi che questa popolazione incontra. Altrimenti avrebbero utilizzato siringhe usate, e avrebbero potuto incorrere nei rischi abituali di un uso disfunzionale delle sostanze. Non abbiamo smesso di fare la riduzione del danno, è una cosa che continuiamo a fare. Anche solo per quello sarebbe utile continuare ad essere sul territorio».
Una popolazione a rischio
Ci siamo chiesti spesso in questi giorni, come facciano a restare a casa persone che una casa non ce l’hanno. «Ci siamo confrontati con i colleghi anche sul materiale», confessa Carmela Sgrò. «Portare del materiale dove c’è scritto ovunque “io resto a casa” a persone che una casa non ce l’hanno ci sembrava una mancanza di sensibilità. Non siamo molto in contatto con i senza fissa dimora, non sono propriamente il nostro target, ma a volte ci rientrano, vengono da noi anche perché distribuiamo la colazione. Ora che abbiamo dovuto sospendere la distribuzione della colazione, i senza fissa dimora alla Stazione Tiburtina non li stiamo più vedendo. So con certezza che alla stazione continuano a distribuire pasti la sera, quindi vuol dire che i senzatetto comunque ci sono».
Tra i materiali distribuiti ci sono anche i profilattici, che riducono alcuni danni. Ma sono un segnale che i rapporti occasionali continuano ad esserci. «Stanno consigliando a tutti di interrompere i rapporti occasionali», spiega la coordinatrice del servizio. «Abbiamo distribuito diversi profilattici, probabilmente da questo punto di vista bisognerebbe lavorare. Anche noi abbiamo detto “fate attenzione, i contatti di tutti i tipi in questo periodo andrebbero sospesi”. Siamo molto preoccupati per i nostri utenti, perché hanno tutti patologie che li rendono immunodepressi. Parliamo di Epatite C, Hiv, malattie croniche importanti. Quella dei tossicodipendenti in questo momento è una popolazione a rischio».
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