ROMA, VERSO UNA NUOVA DELIBERA PER UN USO SOCIALE DEL PATRIMONIO PUBBLICO
Da un percorso condiviso da 70 organizzazioni un documento con le linee di indirizzo generali. Dal 21 aprile le consultazioni sui territori. De Angelis: «Speriamo che politica e istituzioni siano parte attiva»
15 Aprile 2022
Nei giorni scorsi una rappresentanza di oltre 70 organizzazioni tra associazioni, cooperative sociali, comitati, centri sociali e gruppi territoriali ha presentato, nel corso di una conferenza stampa in piazza del Campidoglio, le linee di indirizzo generali per la riscrittura di una nuova delibera sull’utilizzo, la gestione e l’assegnazione del patrimonio pubblico disponibile e indisponibile del Comune di Roma.
Un appuntamento frutto di un lungo lavoro di confronto e condivisione, come racconta Carlo De Angelis, CNCA – Solid Roma: «si tratta di un percorso che ha preso il via da un paio di assemblee pubbliche organizzate nel dicembre allo Spin Time, a cui hanno partecipato un gran numero di organizzazioni associazioni, cooperative, centri sociali, e che ci ha condotto fin qui. Una collaborazione proficua che ci ha portato ad elaborare un appello pubblico e un primo documento di indirizzo generale condiviso dalle 70 organizzazioni che si sono ritrovate in piazza del Campidoglio».
L’obiettivo, spiega De Angelis, è la riscrittura della delibera 140 del 2015, «un regolamento non solo sulla gestione dei beni pubblici disponibili e indisponibili del Comune di Roma, ma anche di enti collegati, beni di proprietà privata che hanno però un uso e una funzione pubblica, che sono beni comuni».
Le consultazioni sui territori
Il prossimo 21 aprile sarà avviato un percorso di consultazioni pubbliche nei territori sull’appello e sui punti contenuti nel documento di indirizzo generale con l’obiettivo di condividere proposte e suggerimenti dei cittadini e delle organizzazioni che i territori hanno animato, reinventando pratiche mutualistiche, politiche, di relazione: «un elemento che ci caratterizza è sicuramente legato al metodo che ci proponiamo di seguire», spiega De Angelis. «Riconosciamo al Comune e all’attuale Giunta la volontà di aprire un ragionamento, un confronto, un ascolto delle realtà di base. Riteniamo, però, che le audizioni fatte non possano bastare e che andare sui territori sia indispensabile». Organizzando assemblee territoriali municipali, continua, «proponiamo una reale consultazione con tutta l’area del terzo settore, dei comitati di base, dei centri sociali nei territori specifici, realizzata con il contributo delle figure istituzionali, dei consiglieri municipali e comunali, dei rappresentanti istituzionali territoriali. Ci auguriamo che la politica e le istituzioni saranno parte attiva, che non vivano questo come un momento folcloristico, ma che si cimentino in un confronto vero».
Una nuova idea di città
«Roma ha in dote una grande quantità di immobili e aree pubbliche inutilizzate, beni pubblici in disuso, beni confiscati alla criminalità: una ricchezza enorme che potrebbe rappresentare un vero e proprio welfare patrimoniale. Ci sono centinaia di immobili comunali gestiti da centri sociali, associazioni e cooperative in attesa di regolarizzazione e/o con concessioni scadute così come quelle degli impianti pubblici per le attività sportive. Non manca inoltre un enorme patrimonio di terre pubbliche, che fanno di Roma la capitale con la più ampia estensione di aree verdi e agricole in Europa», come si legge nel documento condiviso dalle organizzazioni aderenti, che ribadiscono: «la ripartenza del welfare cittadino ha bisogno di innovazione e di un’azione politica orientata alla concreta valorizzazione e al riconoscimento dell’uso sociale del patrimonio pubblico. Crediamo sia necessaria una nuova idea di città. Una città solidale capace di rispondere ai diversi bisogni e di operare per ridurre le disuguaglianze anche attraverso nuove forme di utilizzo collettivo dell’immenso patrimonio in disuso e abbandonato. Per fare questo è necessario che una nuova delibera comunale riconosca il valore sociale delle esperienze esistenti che “abitano” il patrimonio pubblico e definisca le norme per l’affidamento e concessione dei beni pubblici riconoscendone il valore di beni comuni».
La logica degli sgomberi, così come spiega De Angelis, «ha toccato situazioni che davano risposte importanti da un punto di vista sociale, di inclusione e integrazione, come è stato ampiamente dimostrato nella fase legata all’emergenza Covid, durante la quale queste realtà hanno rappresentato un momento di tenuta e resistenza importante». È necessario, per De Angelis, trovare il modo per evitare «quello che potrebbe prendere i contorni di un accanimento contro queste realtà: è evidente che delle irregolarità ci sono, ma va trovato il sistema di sanarle e di uscire dalle secche di una normativa troppo radicale e conservativa».
Strumenti normativi diversi
Servono, invece, strumenti diversi, ribadisce: «ogni componente del variegato mondo delle realtà sociali romane ha una propria specificità che ci richiede di saper trovare il modo di applicare diversi istituti e normative per l’affidamento dei locali. Il bando pubblico non è l’unico strumento trasparente ed efficace in una molteplicità di possibilità che vanno dai patti collaborativi, già previsti dalla legislazione regionale, alla co-progettazione, prevista a livello nazionale, fino alle forme di autogoverno e di affidamento basate sul riconoscimento dell’alto valore sociale degli interventi fatti».
Pluralità degli strumenti, quindi, e poi valutazione di impatto sociale: «la storia dimostra che applicare dei canoni anche abbattuti non è risolutivo perché in molte situazioni diventa impossibile far fronte anche ad una richiesta di questo tipo. Il tema, allora, riguarda piuttosto il riconoscimento del valore sociale e la valutazione dell’impatto sociale delle attività delle organizzazioni, fino ad arrivare a un canone zero per realtà che portano avanti un lavoro importante sul territorio».