CALCOLARE IL VALORE ECONOMICO DEL VOLONTARIATO

Ksenija Fonovic di Spes spiega l’importanza della misurazione comparativa del non profit.

di Elisabetta Bianchetti

Questo articolo di Elisabetta Bianchetti sul valore economico del volontariato è tratto dal numero di settembre 2015 di VDossier, il trimestrale pubblicato da un gruppo di Centri di Servizio per il volontariato, tra cui Cesv e Spes. L’intero numero è reperibile in formato .pdf nel portale www.volontariato.lazio.it

Ci sono le fonti rinnovabili che salvano l’ambiente. E ci sono le fonti rinnovabili che salvano la società, come lo è l’azione volontaria per il nostro welfare, locale e nazionale, ma anche europeo e globale. Comincia dipingendo quest’immagine Ksenija Fonovic, del Centro servizi per il volontariato del Lazio Spes, a cui CSVnet ha affidato l’incarico di curare la parte tecnica della ricerca insieme a Istat e Fvp. Questo in seguito al progetto
promosso nel 2011-2012 da Spes (insieme al Centro Europeo del Volontariato e Johns Hopkins University-Centro per gli studi sulla società civile, guidato dal professor Lester Salamon): l’European Volunteer Measurament Project (Evmp). Un progetto europeo
per la misurazione del volontariato, finanziato nella fase di lancio iniziale dai firmatari
dell’accordo Acri-Volontariato.

Che cos’è il progetto europeo per la Misurazione del volontariato?
«È stato un lavoro di formazione e coordinamento tra i centri europei per la promozione del volontariato, gli autori del Manuale OIL per la Misurazione del Lavoro Volontario e gli istituti statistici europei. Il suo obiettivo è stato diffondere il Manuale e promuovere la sua implementazione in tutta Europa».

Perché è utile misurare il lavoro dei volontari?
«Perchè è una formidabile fonte rinnovabile per la soluzione dei problemi sociali, economici e ambientali in Europa. Ma, nonostante questo enorme contributo, il volontariato è stato a lungo in una posizione marginale nel dibattito pubblico e nella definizione delle politiche. E una delle ragioni risiede in una generalizzata mancanza di informazioni solide e affidabili sulla portata, l’ammontare, la distribuzione e il valore economico del lavoro volontario. Dati certi possono dimostrare il valore dell’impegno volontario, permettere ai Paesi di utilizzare al meglio le energie dei volontari e inserire il volontariato nell’orizzonte politico degli Stati».

Indagini sul volontariato sono già state fatte. Perché abbiamo bisogno di un nuovo approccio?
«Una notevole mole dei dati è stata prodotta in Paesi di cultura anglosassone e in parte anche in Europa, ma senza una comune definizione, metodologia o approccio. La gran parte dei dati esistenti è stata assemblata attraverso indagini isolate basate su definizioni  diverse, oppure per mezzo di rilevazioni generali che usano campioni di indagine molto  ridotti e solo una o due domande sul volontariato. Questo ha prodotto una scarsa coerenza tra le informazioni e rende impossibile una lettura comparata sia tra Paesi che  temporale. In questo modo è anche impossibile valutare i diversi approcci al sostegno e alla promozione. Soprattutto, non matura la consapevolezza che l’azione volontaria, il libero esercizio della responsabilità e della solidarietà da parte dei cittadini, è un tratto che accomuna le culture, anche molto diverse tra loro».

Quali sono i benefici che derivano dall’utilizzo del Manuale OIL?
«Il Manuale rappresenta, in assoluto, il primo metodo internazionalmente accettato per la raccolta dei dati ufficiali sulla quantità, la natura e il valore del volontariato. Ha costi ridotti, è efficace, affidabile e potenzialmente realizzabile in tutti i Paesi. Può generare dati comparabili tra le Nazioni sul numero dei volontari, la percentuale dei cittadini che si impegnano nel volontariato, le caratteristiche demografiche dei volontari, le attività svolte e il contributo che i volontari generano per le economie locali, nazionali e a livello globale».

In che modo l’attuazione del progetto Evmp può aiutare i diversi Paesi europei?
«Misurare il lavoro volontario in maniera sistematica e comparativa può portare diversi vantaggi per i volontari, gli amministratori pubblici, il settore non profit e la popolazione in generale. Aumenta la visibilità del lavoro volontario, incoraggia il coinvolgimento nel volontariato, propone una base per valutare gli impegni per la promozione del volontariato e crea una base politica di migliore sostegno per il volontariato. Tutto ciò espande le possibilità dei volontari di contribuire ancora di più al miglioramento della salute e dell’educazione, alla crescita economica e a fronteggiare le emergenze. Soprattutto, a cambiare la cultura – dell’economia e della gestione della cosa pubblica. Il grande valore dell’esperienza italiana del progetto Evmp risiede anche nella dimostrazione che i Centri di servizio per il volontariato possono essere partner affidabili degli enti pubblici anche nella produzione del sapere e per l’innovazione».

Chi ha già dichiarato il supporto al Manuale OIL?
«Lo standard è stato adottato dalla diciottesima Conferenza degli statistici del lavoro delle Nazioni Unite, dal Dipartimento Statistico dell’OIL e dagli uffici statistici che l’hanno implementato: Polonia e Ungheria per prime. A partire dal supporto iniziale della Task force e grazie al progetto Evmp, l’Anno europeo del volontariato ha sollecitato tutte le Istituzioni europee a richiedere l’utilizzo del Manuale, che è menzionato nei documenti della Commissione, del Consiglio, del Parlamento e del Comitato Economico e Sociale europeo. La misurazione è inoltre un obiettivo della Policy Agenda on Volunteering in Europe (PAVE), il documento finale del 2011 – Anno Europeo del Volontariato, in cui sono confluite con le richieste delle reti della società civile».

Come è stato preparato il Manuale OIL?
«Il Manuale OIL è stato preparato sotto gli auspici dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, dal Johns Hopkins Center for Civil Society Studies in collaborazione con un Gruppo Tecnico di Esperti internazionali che ha coinvolto ricercatori esperti del volontariato e statistici provenienti da tredici Paesi del mondo. È stato testato in cinque Paesi, approvato dalla 18esima Conferenza Internazionale degli Statistici del Lavoro nel novembre 2008 e accettato dall’OIL nel marzo 2011».

brigata garbatellaCome il Manuale OIL definisce l’attività di volontariato?
«Lavoro non retribuito e non obbligatorio; ossia il tempo che le persone dedicano, senza un corrispettivo monetario per le attività svolte o tramite un’organizzazione o direttamente per altri all’infuori della propria famiglia e conviventi. Per cui il volontariato produce qualcosa che ha valore; non è obbligatorio, cioè è svolto di libera volontà; non è pagato, benché possa prevedere forme di rimborso delle spese sostenute; può essere svolto sia tramite organizzazioni che direttamente a beneficio di altre persone, esclusi i componenti del nucleo famigliare».

Potrà il modulo d’indagine raccogliere tutte le informazioni che ci servono?
«Il Manuale OIL è molto efficace. Potrà generare un’enorme quantità di dati su chi sono i volontari, che cosa fanno, con quali organizzazioni operano e come questo varia tra i Paesi e nel corso del tempo. Altre domande possono essere aggiunte, come è stato fatto in Italia, allo scopo di comprendere altri aspetti dell’impegno volontario come: le motivazioni dei volontari, l’impatto dell’impegno volontario sui volontari, fattori associati ad una buona esperienza del volontariato, contributo del volontariato al capitale sociale».

Quali sono i costi di implementazione del Manuale OIL?
«Il Manuale OIL è stato costruito per tenere i costi al minimo. Non richiede una nuova e separata indagine. Utilizza invece le indagini esistenti sulla forza lavoro o altre indagini statistiche sulle persone e si basa sui sistemi e le strutture di classificazione esistenti. Il modulo sul volontariato consta di sole due pagine. Questo non aggiunge in maniera significativa costi e non richiede personale aggiuntivo».

Come sta procedendo in questa fase il progetto?
«A marzo di quest’anno c’è stato a Bruxelles un seminario, organizzato dal Centro Europeo del Volontariato insieme alla King Baudouin Foundation, a cui hanno partecipato i rappresentanti di organizzazioni di volontariato, Centri di Servizio per il Volontariato, istituti di statistica e enti di ricerca di sei Paesi europei: Ungheria, Irlanda, Italia, Belgio, Portogallo e Polonia. L’obiettivo è stato quello di condividere approcci e risultati dei progetti nei rispettivi Paesi. Fra le esperienze più avanzate presentate c’è stata proprio quella italiana che ha prodotto lo scorso anno, per la prima volta nel nostro Paese, la sperimentazione, arrivando a quantificare il valore del lavoro volontario e a fornire una fotografia aggiornata e completa del fenomeno con la ricerca Istat.
Inoltre, una nuova stagione di lavoro per l’istituzionalizzazione della misurazione statistica del volontariato, che deve coinvolgere anche l’Eurostat, si è aperta con la conferenza organizzata il 1 giugno da Spes e la DG Ricerca della Commissione europea nell’ambito del progetto “Third Sector Impact”. Il confronto tra Istituti statistici di nove Paesi europei e diverse direzioni generali, ha registrato i prodromi di una silenziosa “rivoluzione statistica”. Esperienze molto utili in questo momento, poiché i dati comparabili sull’azione volontaria possono confluire a misurare il contributo dei cittadini e delle comunità locali al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che le Nazioni Unite devono varare al volgere dell’anno e che segneranno tutti gli orizzonti politici fino al 2030. Su questi temi Spes continua a lavorare, anche nell’ambito del progetto Evmp, per promuoverlo su scala globale. Il Manuale registra nuovi progressi anche in Europa: quest’autunno l’Istituto statistico olandese inserirà un modulo abbreviato e sosterremo i colleghi dei Centri per il volontariato a realizzare la campagna per l’implementazione del Manuale in Romania».

 

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