VITERBO. NON FARE AGLI ALTRI CIÒ CHE NON VORRESTI FOSSE FATTO A TE

Le cinque comunità religiose presenti nella Tuscia riunite in un evento interreligioso: dai punti di incontro alle sfide per l'integrazione delle seconde generazioni

di Rovena Nezha

Nella suggestiva cornice di Piazza San Lorenzo, luogo di grande rilevanza storica per la religione cristiana e per l’intera città di Viterbo, si è svolto l’evento interreligioso dal  titolo Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te organizzato da OMBRE Festival in collaborazione con l’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, l’Associazione Islamica Viterbo, l’associazione Gurdwara Baba Buddha Sahib Ji, l’associazione Gallen Vihare Viterbo, UCOII – Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e Sikhi Sewa Society, con il supporto di CSV Lazio ETS, in cui le cinque principali comunità presenti nel territorio della Tuscia – cattolica, ortodossa, islamica, sikh e buddista – si sono riunite per celebrare ciò che le accomuna: l’impulso alla compassione, l’amore verso il prossimo e la benevolenza verso tutte le forme di vita. L’incontro è stato moderato da Paolo di Giannantonio, noto giornalista, inviato e conduttore della Rai, che ha saputo rendere l’evento più di una semplice raccolta di discorsi, trasformandolo in un’esperienza coinvolgente e immersiva nella diversità culturale delle comunità presenti. Ogni comunità ha condiviso la propria musica e danza, indossando vestiti tipici e offrendo al pubblico un’intensa incursione nella sua cultura e nelle sue tradizioni.

Misericordia ed empatia

Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te
Un momento dell’incontro organizzato a Viterbo tra le cinque comunità religiose presenti nella Tuscia

La riflessione ha preso spunto dalla frase-titolo dell’evento, riscontrata in tutti e cinque i testi sacri delle religioni partecipanti. Si è notato un aspetto intrigante nella religione cristiana, in cui Don Paolo Chico, rappresentante della Comunità Cattolica, ha evidenziato come nel Sermone sul Monte la frase sia formulata in maniera positiva: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Hamdan Al Zegn, portavoce della Comunità Islamica, ha arricchito il concetto introducendo la nozione di misericordia (la Rahman), considerandola come base della creazione umana e addirittura superiore all’amore stesso: ciò che ferisce gli altri, ferisce anche noi; ciò che giova a noi, giova anche agli altri. Padre Bobita Vasile Stefan, rappresentante della Comunità Ortodossa, ha toccato il tema dell’empatia, invitando tutti a guardare oltre lo specchio quotidiano in cui ci riflettiamo per cogliere l’essenza dell’altro, indipendentemente da chi esso sia. Manmeet Singh, portavoce della Comunità Sikh, ha approfondito il concetto di “non fare del male agli altri se vuoi stare bene”, spiegando come la loro preghiera principale inizi e termini proprio con questa dedica al bene e alla prosperità dell’intero universo.

Seconde generazioni: le sfide dell’integrazione

Un aspetto importante dell’evento è stata anche la discussione sull’integrazione delle comunità religiose in Italia e sulle sfide affrontate dalle seconde generazioni nel bilanciare le loro radici culturali con l’identità italiana. Le seconde generazioni, ovvero i figli di immigrati nati e cresciuti in Italia, spesso si trovano, infatti, a confrontarsi con una doppia identità: quella legata alle radici culturali dei genitori e quella italiana. Questo può portare a una certa ambiguità nell’identificarsi con una determinata religione o nel comprendere appieno le tradizioni e le credenze dei propri antenati. Hamdan Al Zegn ha sottolineato l’importanza dell’interazione tra le diverse parti coinvolte, suggerendo che l’accettazione e il reciproco rispetto siano fondamentali per una convivenza autentica, rimarcando che tutti sono uniti dalla stessa Costituzione italiana. Il rappresentante della Comunità Sikh ha offerto un esempio eloquente sull’evoluzione delle loro abitudini culinarie in Italia, mostrando come si siano avvicinati alla cultura italiana mantenendo le loro radici: «Inizialmente, mangiavamo sempre piccante. Poi siamo passati a mangiare pasta e pizza al fine settimana. Ora siamo arrivati al punto che, quando vado in India porto la pasta e il pesto alla genovese e dall’India porto il piccante». Don Paolo ha portato alla luce le sfide reali dell’integrazione, riconoscendo che, nonostante ci siano ancora difficoltà, negli ultimi vent’anni ha notato una maggior apertura e tolleranza verso tutte le religioni, già a partire dalle scuole elementari. Ha sottolineato che il dialogo è fondamentale, poiché nulla unisce più dell’amore. Il Reverendo Wewabedda Suneetha Thero, monaco buddista, ha condiviso la “Gentilezza Amorevole” attraverso un’invocazione che ha toccato i cuori di tutti presenti, nonostante la sua limitata padronanza dell’italiano, che così recita: “Interamente libera dall’odio la mia mente sia, Interamente libera dalla rabbia la mia mente sia, Interamente libera dalla sofferenza la mia mente sia, Interamente in buona salute la mente sia”.

VITERBO. NON FARE AGLI ALTRI CIÒ CHE NON VORRESTI FOSSE FATTO A TE

VITERBO. NON FARE AGLI ALTRI CIÒ CHE NON VORRESTI FOSSE FATTO A TE