NELLA NOSTRA SOCIETÀ SFILACCIATA, IL VOLONTARIATO POSSIEDE AGO E FILO

Rispondere ai bisogni rafforzando interazioni, legami e relazioni. La mission del volontariato è la coesione sociale

di Ugo Ascoli

Volontariato e coesione sociale è il tema di questo articolo, tratto da VDOSSIER di maggio 2017.

Definire che cosa si intenda per “coesione sociale” non è certo un compito agevole. In base alla letteratura sociologica e politologica di riferimento, potremmo identificare alcuni elementi associati alla coesione sociale: la forza delle relazioni sociali, valori condivisi, sentimenti di appartenenza e di identità comuni ad una stessa società, fiducia, livelli di disuguaglianza all’interno della comunità. Quindi rafforzare la coesione sociale in un determinato territorio significa contribuire a ridurre disparità, diseguaglianze ed esclusione sociale, così come a rafforzare le relazioni sociali, le interazioni, i legami.

LA CRESCITA DELLE DISUGUAGLIANZE. La società italiana sta conoscendo una serie di fenomeni strutturali assai significativi per gli effetti che producono sulla coesione sociale e sulle dinamiche territoriali: crescita delle povertà, precarizzazione crescente del mercato del lavoro, elevatissima disoccupazione giovanile, impoverimento di una quota non irrilevante di gruppi sociali fino a ieri “iscritti” nei cosiddetti “ceti medi”, flussi migratori crescenti dai “sud” del mondo africano e asiatico, uscita dal mercato di un numero considerevole di imprese incapaci di affrontare con successo le sfide della “globalizzazione”.

Come conseguenza di tutto ciò le disuguaglianze sociali hanno ripreso a crescere, con qualunque indicatore le si voglia misurare, a livello economico, per età, fra i generi, per nazionalità, territoriale.

volontariato e coesione sociale
Il numero di VDossier dedicato allo sviluppo del territorio, da cui è tratto l’articolo.

DELEGITTIMAZIONE DELLA POLITICA. Tali processi strutturali sono accompagnati da una fortissima delegittimazione della politica e dei suoi attori principali: la sfiducia nei più importanti soggetti della rappresentanza sociale (partiti e sindacati) è ai massimi livelli dal dopoguerra e la gran parte della popolazione nutre un profondo scetticismo verso tutte le istituzioni più importanti (ad eccezione della Presidenza della Repubblica).

Appare in crescita il fenomeno dell’astensionismo nelle periodiche consultazioni
elettorali; anche i “nuovi” sistemi di partecipazione, quali le cosiddette “primarie” per la scelta dei segretari di partito, hanno sempre meno presa fra i cittadini.

CAMBIAMENTI DESTABILIZZANTI. In tale quadro vanno infine iscritti altri cambiamenti: quello demografico innanzitutto, il processo di invecchiamento, conseguenza dell’incrocio fra il calo delle nascite e la longevità crescente (almeno fino a ieri) della popolazione; quello socio-culturale, la maggiore fragilità dei sistemi di convivenza e la crisi della “famiglia tradizionale”, con la crescita di famiglie monogenitoriali, famiglie con un solo componente (giovane/adulto o anziano solo), famiglie di fatto/unioni civili; quello connesso con i problemi di salute, l’esplosione della non autosufficienza e delle malattie connesse con l’età avanzata cui ha corrisposto nel nostro Paese la diffusione di una “nuova” unità di convivenza, la “famiglia con badante”; quello connesso con i processi che stanno caratterizzando i grandi centri urbani metropolitani, dove i quartieri “periferici” mostrano crescenti sofferenze, tensioni e manifestazioni di rancore sociale; quello corruttivo, dove la politica debole e priva di una visione lungimirante apre varchi consistenti all’inserimento di organizzazioni malavitose di stampo mafioso nei vari meccanismi di governance delle politiche pubbliche (dalle politiche infrastrutturali a quelle sanitarie, dai servizi sociali alle politiche di integrazione degli immigrati); la crisi della cultura della legalità, che da un lato produce comportamenti illegali di massa, “fuorilegge”, ma ritenuti “normali”, e dall’altro alimenta crescenti “zone grigie”, ovvero pezzi consistenti di società civile (dipendenti pubblici, liberi professionisti, funzionari e dirigenti degli apparati pubblici di controllo, dipendenti privati, imprenditori), che collaborano con le organizzazioni criminali mafiose, rendendo quindi possibile la loro espansione ed il loro rafforzamento in tutto il Paese.

UN WELFARE INADEGUATO. Il sistema di welfare appare in grande affanno e spesso inadeguato ad affrontare i principali problemi sociali, definiti in letteratura come i “rischi sociali” che un Paese si trova di fronte, a causa delle scelte fatte negli ultimi venticinque-trenta anni, ma soprattutto per le scelte non fatte.

volontariato e coesione sociale
Il welfare andrebbe ripensato radicalmente

A differenza infatti degli altri principali welfare europei, le politiche
portate avanti dagli anni Novanta in poi (con qualche rara eccezione) sono state contraddistinte dalla ‘filosofia’ del ridimensionamento dell’impegno pubblico e dalla incapacità/non volontà di ‘ricalibrare’, ovvero di riorganizzare la propria architettura, per affrontare le nuove sfide, i nuovi “rischi sociali”: poco o niente si è fatto (salvo le sperimentazioni in corso in questi mesi) per contrastare le nuove caratteristiche assunte dalla povertà e dalla disoccupazione; poco o niente si è fatto per dar vita a politiche che consentissero di conciliare i tempi della cura con i tempi del lavoro; non è nata una politica
nazionale per affrontare le tematiche collegate con la non autosufficienza (le cosiddette politiche di Long Term Care); la transizione scuola-lavoro rimane una grande incompiuta, aggravata dalla grande recessione che ha caratterizzato l’economia nazionale negli ultimi
dieci anni; le questioni abitative e della casa hanno assunto nuove criticità in assenza di misure pubbliche; le mancate politiche per l’integrazione e l’inserimento degli immigrati rappresentano ormai “la” questione su cui sembra ruotare gran parte della narrazione politica.

IL VOLONTARIATO E LA FIDUCIA. In tale scenario di grandi cambiamenti strutturali e culturali, ed in presenza allo stesso tempo di un welfare pubblico “in ritiro”, non all’altezza delle sfide in atto, il Terzo settore ed il volontariato in particolare hanno mostrato sino ad ora una grande vitalità ed una espansione quantitativa di assoluto rilievo. C’è inoltre da evidenziare come il volontariato rappresenti, a tutt’oggi, il soggetto collettivo verso il quale maggiormente si rivolgono fiduciosi i cittadini italiani, in grado di attivare una partecipazione elevata, caratterizzata da un trend crescente che non trova riscontri negli altri campi tradizionali della partecipazione socio-politica.

Innumerevoli, come è noto, sono i settori presidiati dalle organizzazioni di volontariato. Spesso si trovano ad agire in aree trascurate dalle politiche pubbliche, dove il welfare ha fatto marcia indietro negli ultimi anni o non ha fatto mai la sua comparsa: pensiamo, ad esempio, alla donazione del sangue, alla povertà, alle dipendenze da sostanze, all’immigrazione, alle malattie invalidanti, ai soggetti colpiti da violenze. Talvolta, invece,
fornisce servizi in collaborazione con i soggetti pubblici trovandosi al centro di rilevanti fenomeni di esternalizzazione. Esistono poi le mille azioni di advocacy che, a vario titolo, vengono portate avanti come mission totalizzante o a latere rispetto alla fornitura di servizi.

IL VOLONTARIATO E LA PARTECIPAZIONE. In ogni caso, l’azione del volontariato appare strategica per contrastare la disgregazione sociale e l’erosione del tessuto democratico: i milioni di persone che in varia misura donano volontariamente il loro tempo per migliorare il benessere collettivo traggono dal loro impegno un rafforzamento del senso di appartenenza societaria, una o più identità collettive, una maggiore responsabilità sociale ed una più forte capacità di rapportarsi agli altri, al di fuori di schemi privatisti individuali o familisti.

La cultura della prossimità è parte della cultura di cittadinanza, anzi serve a fondarla costruttivamente, al di là degli enunciati teorici o ideologici.

volontariato e coesione sociale
Il volontariato è una vera infrastruttura sociale

Le organizzazioni di volontariato, d’altro canto, così come l’intero e ricco universo associazionistico, vanno a costruire e rafforzare quell’infrastruttura sociale, intermedia fra il cittadino (con la sua rete familiare/parentale) e le istituzioni, in assenza della quale si possono aprire fratture socialmente rilevanti fra “familismo” e “dirigismo istituzionale”, in grado anche di condurre ad assetti politici non democratici.

Tuttavia occorre evitare di concepire il volontariato come un efficace “sostituto” del pubblico, anche in un contesto di welfare non particolarmente generoso. Nel nostro Paese, infatti, abbiamo visto come la maggiore presenza del volontariato si riscontri proprio in
quelle regioni che hanno dato vita a sistemi di welfare regionale più efficaci e maggiormente inclusivi, accompagnati da burocrazie pubbliche più efficienti; dove invece il welfare è più debole o assente, il funzionamento della pubblica amministrazione lascia maggiormente a desiderare, anche il volontariato appare meno diffuso e meno solido.

VOLONTARIATO  E COESIONE SOCIALE. Nelle prime Regioni l’azione volontaria contribuisce sicuramente ad arricchire in modo significativo il sistema di welfare; nelle altre può offrire uno strumento indispensabile per la coesione sociale o, quanto meno, per contrastare le tensioni disgregatrici presenti in quei contesti.

Tuttavia il contributo più significativo che il volontariato può offrire è tramite l’esaltazione della sua dimensione “politica”: leggere criticamente la progettazione e l’implementazione delle politiche pubbliche, sostenere la parte “sana” della società civile nell’individuazione delle cause all’origine delle problematiche sociali che la investono, fare “innovazione sociale” a tutto campo, dall’individuazione dei bisogni alla costruzione e sperimentazione delle risposte, in grado di coinvolgere in prima persona i cittadini ma anche arrivando ad immaginare nuovi sistemi di “governance” dell’intervento pubblico.

scuola e coesione sociale
La coesione sociale si costruisce strada per strada, quartiere per quartiere

Si costruisce coesione territoriale sociale rafforzando i legami sociali, città per città, paese per paese, quartiere per quartiere e dando la priorità ad attività che abbiano come tema l’interesse generale: si può fare ciò promuovendo un campo di calcio in un quartiere dove non c’è nessuno spazio per le attività fisiche organizzate rivolte ai giovani o fornendo informazioni e tutele per l’accesso a provvidenze pubbliche e sociali in un contesto dove la comunicazione pubblica sia assai carente o addirittura incapsulata in meccanismi di tipo clientelare; coinvolgendo i cittadini in una battaglia per contrastare gravi fenomeni di inquinamento e promuovere operazioni di bonifica ambientale delle acque, delle terre, dell’aria o per allargare la fruizione di beni pubblici, impedendone la privatizzazione.

Il volontariato come soggetto politico può quindi diventare un attore importante per la
coesione sociale di un territorio, addirittura strategico, nell’attuale scenario caratterizzato da recessione (o crescita zero), debolezza della politica, miopia dei disegni di politiche pubbliche, arretramento e inadeguatezza del welfare, sfiducia dei cittadini nelle istituzioni,
espansione delle mafie, ampliamento delle zone grigie e dell’illegalità di massa.

NELLA NOSTRA SOCIETÀ SFILACCIATA, IL VOLONTARIATO POSSIEDE AGO E FILO

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