LA MALATTIA NON È UNA SCONFITTA. CE LO INSEGNA IL VOLONTARIATO IN SANITÀ
La perdita della salute è un rischio comune che ha bisogno di un bene comune. Ecco valori, motivazioni, attenzioni del volontariato in sanità
20 Aprile 2016
Volontariato in sanità: è questo il tema del numero 3 del 2015 di V Dossier. Da qui è tratto il contributo che proponiamo.
Il volontariato in sanità in sanità è tra le più antiche forme di volontariato. Ancora oggi infatti operano in Italia organizzazioni di volontariato che sono nate intorno al 1400-1500, come la rete delle Misericordie, nata da confraternite che si erano formate nel medioevo per rispondere a situazioni di gravi malattie, di pesti, di epidemie; assieme alle confraternite che si occupavano delle sepolture, svolgendo anche un ruolo civico per evitare il contagio. Questa forma di attenzione all’uomo malato è molto antica, del resto rintracciabile anche nei testi evangelici, molto precedenti al medioevo, che fanno riferimento non solo alla figura di un grande guaritore che operava gratuitamente, ma anche al suo insegnamento sul soccorso a chi è malato, a chi è ferito, a chi è in grave difficoltà. Prima ancora della predicazione cristiana, nelle culture antiche emerge continuamente l’attenzione alla persona ferita: anche perché si vivevano eventi bellici, eventi traumatici e si era particolarmente esposti alle malattie; la vita dell’uomo era molto più corta e c’erano anche molte morti bianche. Questa espressione del volontariato è quindi una delle forme di solidarietà più immediata per l’uomo: se è vero che nella logica del dono c’è il fare il bene dell’altro, uno dei beni di cui si averte subito la mancanza è proprio quello che riguarda la condizione fisica e mentale della persona. Chi vuole fare il bene dell’altro è fortemente sollecitato dalla persona che non sta bene. Il volontariato in sanità è perciò il servizio e il dono nei confronti di una o più persone che non stanno bene, con il desiderio di ritrovare questo bene.
Le dimensioni portanti del servizio in sanità
Se il volontariato nella sanità è quello che cerca di donare il bene a chi non sta bene, necessariamente si configura attraverso importanti dimensioni che, nell’insieme, lo contraddistinguono. È prima di tutto un incontrare la persona che non sta bene, e questo molto spesso si esprime in una dimensione di soccorso, cioè di attenzione sollecita ad una condizione di disagio fisico e mentale. La dimensione del soccorso in sé si configura come attenzione sollecita all’altro e di pronta mobilizzazione, con tutta una serie di competenze che fanno sì che questo intervento non diventi più traumatico del trauma, ma diventi invece benefico. Pur nell’immediatezza dell’intervento, chi soccorre è chiamato ad essere competente nel soccorso.
Il volontariato nella sanità si configura poi come “fare strada insieme”, nella dimensione dell’accompagnamento. Questo comporta il mettersi in contatto con l’altro per poi rimanerci e quindi diventare per l’altro una risorsa in itinere durante il percorso della persona in difficoltà verso la guarigione o un miglior benessere. La dimensione dell’accompagnamento è fortemente connotata dal condividere la condizione dell’altro, dall’essere di aiuto, dal diventare complementare e risorsa con l’altro che sta facendo un cammino faticoso.
Implicitamente abbiamo già richiamato la dimensione dell’aiuto, dell’essere utile. Il dono è un dono che non rende passivo l’altro, ma cerca di salvaguardare la dignità ed il protagonismo dell’altro nella sua vicenda e si esprime in un aiuto perché in prima persona
possa emergere dal proprio disagio. Quindi è un aiuto che in qualche modo si mette in ruolo subordinato all’altro.
Un’altra dimensione crescente del volontariato in sanità è quella che potremmo chiamare oggi solidarietà a carattere familiare, che può essere espressa anche da singoli, ma che viene molto meglio espressa da gruppi, collettività o famiglie vere e proprie. Esprime l’attenzione al vissuto personale e relazionale di chi è malato, alla debolezza della persona anche nelle sue relazioni primarie, ed è quindi un tentativo di integrare non soltanto i mezzi fisici e mentali di cui la persona è carente, ma anche le relazioni di cui la persona è bisognosa.
Insieme a questa solidarietà a carattere familiare c’è anche la sensibilizzazione dell’entourage della persona malata (che potrebbe essere un entourage più immediato come la rete primaria, ma è spesso anche una comunità locale), affinché, rendendosi conto della situazione di disagio di uno dei suoi membri, possa in qualche modo agevolare il percorso faticoso che la persona e la sua famiglia stanno vivendo. Questa sensibilizzazione richiama anche alla dimensione di advocacy, di difesa dei diritti di cura, assistenza e tutela, ma anche di sollecitazione alla riconfigurazione dell’organizzazione sociale per non perdere la risorsa che è la persona in difficoltà. Significa far sì che la persona non sia trattata come un peso o un disturbo da escludere, ma sia invece valorizzata nella sua esperienza di difficoltà, arricchendo anche la compagine sociale di mezzi e di strumenti che diventino garanzia per tutti, rispetto al rischio che tutti corrono di passare nel corso della loro vita attraverso periodi di malattia.
Alcune attenzioni particolari
Perché una persona stia bene, ha bisogno di non sentirsi sola. Una delle attenzioni principali del volontariato nella sanità è proprio quello per cui chi sta male si senta incontrato, quindi che ci sia un incontro autentico, fatto di una relazione in cui chi la vive si mette in gioco, entra nel vissuto dell’altro in maniera anche empatica, e rimanda all’altro una presenza alla sua vicenda, che è molto diversa dalla presenza solo alla prestazione. Una seconda attenzione è quella di rimandare all’altro l’importanza della sua soggettività, attraverso un atteggiamento che è di ascolto e di rispetto: si dice che i medici siano poco dotati di questa capacità relazionale, il volontario ascolta e rispetta e quindi, fin quando è possibile, rende l’altro sempre protagonista del proprio percorso. Questa attenzione del volontariato in sanità al protagonismo dell’altro ha senso se è compresente anche l’attenzione al condividere: cioè a far sì che le risorse che vengono messe a disposizione dell’altro, che il know-how che si possiede, il tempo dell’accompagnamento, tutto ciò che si è e che si ha, l’altro lo percepisca come una risorsa messa a sua disposizione.
Perché questo sodalizio funzioni bene, c’è bisogno di facilitare l’adesione da parte dell’altro che è in difficoltà. Da qui scaturiscono due ulteriori dimensioni:
- empatia/comprensione: comprendere la situazione dell’altro che nella sua condizione di disagio/limite può essere ad esempio arrabbiato, depresso, inibito, inebetito, eccetera e quindi non propenso o adeguato ad uno stato di collaborazione;
- conforto: affinché il limite ed il disagio che l’altro percepisce non gli comporti anche la sensazione che questo sia un ostacolo insuperabile o lo metta in una condizione di esclusione.
Il conforto ha una funzione importante: non solo far sentire l’altro capito e compreso, ma soprattutto rimandare all’altro il senso che il suo disagio non è un peso, ma è preso in carico dagli altri come una condizione condivisa.
Un’ultima attenzione importante è l’atteggiamento di aiuto. L’atteggiamento di aiuto è qualcosa che se viene meno rischia di mettere l’altro in condizione di “soggetto debole” nelle mani di altri, e quindi di comportare per l’altro un elemento di ulteriore depressione o rabbia. Quindi è una accortezza fondamentale per chi si muove nel disagio e nella malattia, perché le emergenze o le difficoltà varie non portino mai a ribaltare l’ordine di priorità, in cui il protagonismo deve rimanere sempre alla persona che sta vivendo la sua difficoltà.
I valori fondanti di questo volontariato
Tutte queste dimensioni e attenzioni concorrono a dare un senso ed un significato che si esprime nel capitale sociale, umano e spirituale che questo incontro di aiuto evoca. Questo incontro di aiuto avviene nella logica del donare, cioè dell’investire le proprie risorse per il bene di un altro. Entrare in una logica di dono è un’opportunità di crescita per la persona che lo fa, nella capacità di investire ciò che è e ciò che ha, nel migliore dei modi. Quindi è prima di tutto un’opportunità che ritorna in maniera molto positiva anche per chi lo vive come una “buona spesa di se stessi”: è un ritorno di valore per l’esistenza di chi si mette in questa logica di dono. Inoltre, utilizzare le proprie risorse a favore di un altro e del suo benessere porta a concepire l’esistenza propria e quella degli altri legata ad un destino comune, e quindi a sentirsi parte di una condizione condivisa, che può anche essere chiamata “famiglia umana”, “comunità locale”.
L’altro valore che quindi emerge dal volontariato in sanità è quello di un “rischio comune” che ha bisogno di un “bene comune”: di una sorte comune che ha bisogno di essere condivisa, per essere meglio attesa e superata.
Un ulteriore valore insito in questa dinamica di servizio è il senso di positività che questa mobilizzazione rimanda a chi la riceve, ma anche a chi la esercita: la convinzione che da una collaborazione e condivisione possa emergere un miglior superamento del disagio e del male, rimanda un orizzonte di speranza più alto di quello dell’ordinario individualismo che spesso si vive nella società, dove è prioritaria l’idea dell’autosufficienza individuale ed che rimanda al bisogno della persona di “farcela da sè”. Quando ci si trova nel disagio e qualcuno si mobilita gratuitamente, ciò ci rimanda un senso di valore della persona, ma anche un senso di destino comune al bene, è come se l’aiuto degli altri ci rimandasse la convinzione che ogni persona è destinata al bene.
L’impatto sociale del volontariato in sanità
In questo ordine di valori, chiaramente si coglie come tutto ciò che si muove nella direzione dell’aiuto gratuito ad altre persone, nella malattia e nel disagio fisico e mentale, ha una rilevanza sociale consistente. La somma di tante vicende individuali o collettive di aiuto nella malattia e disagio, alimenta un grande capitale sociale, che agisce all’interno della società su quell’ordine di valori già citati, con alcuni risvolti importanti.
Prima di tutto, il senso di un rischio comune che ha bisogno di un bene comune, pone il volontario come un apripista e come un richiamo alla coscienza collettiva dell’importanza di coltivare questa interdipendenza positiva a livello collettivo, attraverso alcune priorità. La priorità di migliorare i piani comunicativi tra le persone, che non possono essere limitati solo alla trasmissione delle notizie, ma anche delle emozioni e degli affetti. Una comunità che è più coesa, lo è se riesce a comunicare non soltanto le consapevolezze, i dati, che comunque sono rilevanti, ma anche le emozioni e gli affetti.
Oltretutto è una comunità sociale e civile che, proprio perché punta al superamento del disagio anche quando biologicamente la radice di questo disagio è irreversibile, è una comunità sempre protesa ad andare oltre ciò che è sensibile, e quindi una comunità aperta anche all’ultrasensibile, qualunque sia il modo con cui questo si conosca o proponga. Una comunità alla ricerca quindi di un bene che non può essere solo limitato al biologico-sensibile, ma che si apre a dimensioni immateriali più ampie.
Un’altra priorità è quella di coltivare e far circolare all’interno di una concreta società la risorsa della solidarietà, di comprendere quindi il valore di capitale sociale: le società che stanno meglio sono proprio quelle, che hanno trovato spazio al loro interno per sostenere e valorizzare i momenti difficili. Il capitale sociale che questa solidarietà produce, dev’essere un capitale investito, non può essere un capitale solo depositato, perché comporta una molla di crescita di tutta la compagine sociale.
Proprio perché il volontariato in sanità, come il volontariato in generale, è profetico ed è capace di individuare servizi che ancora non esistono, un’altra priorità è quella di creare un canale privilegiato tra quello che il volontariato scopre nell’innovazione e l’organizzazione sociale: nelle istituzioni quindi, nelle leggi, nei servizi che una società si dà. Se il volontariato è capace di umanizzare i servizi è anche capace di rinnovarli e di renderli più ricchi: questo però rischia di rimanere un’esperienza di nicchia se la società non se ne sa avvalere.
Da ultimo, tutta questa esperienza e tutto questo patrimonio valoriale che viene dal volontariato in sanità non può non comunicare con i centri di elaborazione della cultura di una società: non solo con la scuola, l’università, i media, ma in generale con tutti i contesti in cui le persone si confrontano, perché è fondamentale che si riconosca questa condizione di malattia/ disagio come bisogno, ma anche come opportunità. È importante che la società non si perda tutto ciò che dentro queste esperienze di solidarietà matura a livello di dimensioni di vita, stili di vita. Un’ulteriore opportunità di senso in qualcosa che normalmente viene vissuto come una sconfitta.