IDEE E PROPOSTE PER IL WELFARE DIGITALE
Tecnologie che migliorano la vita di malati e disabili: sono già pronte, ma per adottarle serve un cambiamento culturale
03 Dicembre 2015
L’innovazione tecnologia può aiutare a valorizzare le capacità residue di molte persone in difficoltà, aumentatone l’autonomia. Per questo il “welfare digitale” è una prospettiva concreta, con la quale val la pena confrontarsi e nella quale anche il volontariato può giocare un ruolo importante.
Se ne è discusso durante l’incontro che la Fondazione di Liegro ha organizzato ieri Roma, incontro nel quale sono stati presentati alcuni progetti interessanti.
Il videointerpretariato per sordi
Ad esempio, il servizio di videointerpretariato per sordi. Si chiama E-lisir (Evoluzione Lingua dei Segni Italiana con interprete in Rete) e, attraverso un tablet, permette di entrare in videocollegamento con degli operatori che, in diretta, traducono in lingua parlata la LIS (lingua italiana dei segni). In pratica un sordo, anche quando non ha un accompagnatore personale, può accedere a uffici e servizi pubblici e privati, che abbiano adottato il sistema, e comunicare facilmente con gli operatori che si trova davanti, attraverso l’interprete collegato via tablet. I vantaggi sono evidenti: abbattimento delle barriere comunicative, pubbliche amministrazioni che diventano accessibili, così come banche, negozi e servizi privati. Gli enti pagano una cifra mensile modica per usufruire del servizio, che per gli utenti sordi è gratuito.
A Roma il sistema funziona già da qualche tempo. A Tor Vergata sono attive 21 postazioni, tra Policlinico e dipartimenti universitari. Altre postazioni si trovano nel I Municipio e nella Casa della salute al Trionfale. L’hanno adottato anche il Todis del Prenestino, la farmacia Igea, alcuni studi dentistici.
Il progetto potrebbe avere ulteriori sviluppi, ad esempio nel campo delle lingue straniere, per facilitare l’accesso degli stranieri ai servizi.
Per ritrovare i malati di Alzheimer
Progetto Diogene ha invece prodotto un dispositivo, piccolo quasi come un pacchetto di sigarette, pensato per ritrovare le persone affette da Alzheimer che si perdono.
Si chiama “Il filo di Arianna”, e localizza la posizione mediante GPS: attraverso una sim telefonica, invia informazioni al Centro di Monitoraggio, che può così localizzare rapidamente la persona. Se in un certo lasso di tempo i caregiver non riescono a rintracciarla, le informazioni necessarie vengono inviate alle Forze dell’Ordine, con le quali è stato stipulato un protocollo apposito. Anche in questo caso, i vantaggi sono evidenti: più autonomia pe ril malato, meno stress pe la famiglia.
Grazie all’associazione Alzheimer Uniti Onlus, il progetto è già stato sperimentato con successo.
Il casco che “aumenta” la realtà
Lo Smart Helmet è invece un casco con visore “a realtà aumentata”: una serie di sensori raccolgono dati e proiettano sul visore informazioni. È stato pensato per il mondo lavoro, perché permette un controllo a distanza e può quindi aumentare l’efficienza e la sicurezza del lavoro stesso. Ma può trovare interessanti applicazioni anche nel sostegno a persone con difficoltà: ad esempio per spostarsi con sicurezza in un ambiente o svolgere alcune mansioni restando in collegamento a distanza con un operatore.
Il non profit vola sul cloud
Agily srl ha invece sviluppato una proposta per portare le associazioni e il non profit ad utilizzare il cloud. L’idea è che, se spostano una parte dei propri dati e servizi sul cloud, potranno ottenere da una parte l’abbattimento dei costi (nel senso di minori investimenti sia nell’hardware che nel software) e dall’altra maggiore flessibilità nei servizi stessi. Strumenti e servizi, inoltre, potrebbero essere condivisi fra più associazioni o enti, dando vita a cloud community di Terzo settore.
Una cultura da promuovere
La costruzione del welfare digitale e l’applicazione su vasta scala di queste tecnologie – e di molte altre, ad esempio quelle che permettono l’autodiagnosi – richiede un cambiamento culturale, sia da parte degli operatori, che devono essere disponibili ad aggiornarsi e ad adottare nuove procedure – sia da parte degli utenti e dei familiari che, soprattutto se di livello culturale basso, possono trovare difficoltà ad accettarli.
Il volontariato dunque può avere un ruolo nel chiedere che le tecnologie utili al miglioramento della vita quotidiana di disabili e persone fragili vengano adottate da istituzioni e servizi pubblici e vengano messe a disposizione degli utenti, e può averlo anche nel fare la necessaria opera di “avvicinamento” culturale dei malati e delle famiglie, preparandoli ad utilizzarli nel modo migliore.