DONNE E BAMBINI. QUANT’È GRANDE IL MONDO DEGLI ESCLUSI
WeWorld Index: 3,7 miliardi sono esclusi, spesso in condizioni gravi. E l'Italia migliora troppo lentamente
16 Marzo 2016
La condizione delle donne e dei bambini nel mondo non migliora. Lo conferma il WeWorld Index 2016, che ha stilato una classifica di nella classifica di 168 Paesi per vedere quali sono i più inclusivi. Il primo paese in classifica è la Norvegia, come già nel 2015, con un punteggio di 118, mentre l’ultimo paese è la Repubblica Centro Africana con un punteggio di meno 154.
«Tra le cose che mi preme sottolineare» sostiene Elena Caneva, del Centro Studi WeWorld Index, «è che è aumentato questo divario tra il primo paese in classifica e l’ultimo, nonostante siano gli stessi del 2015. Se la distanza nel 2015 era di 262 ora è di 272, quindi significa che uno dei due paesi o entrambi si stanno allontanando gli uni dagli altri e quindi anche dalla buona inclusione».
Circa 3,7 miliardi di persone al mondo, tra cui bambine/i , adolescenti e donne, vivono in paesi in cui l’inclusione non è sufficiente, o addirittura le condizioni di esclusione sono gravi o gravissime. Se andiamo a prendere i paesi che appartengono alle due categorie, grave e gravissima esclusione, vediamo che ben 49 su 168 rientrano nelle categorie peggiori, con 3 paesi in più rispetto al 2015. Qualche miglioramento è stato attuato dall’India, che ha migliorato l’accesso all’acqua e ai servizi igienici sanitari, e dal Sud Africa, con l’alfabetizzazione e l’educazione della popolazione adulta, ma di fatto questi paesi non migliorano la loro posizione in classifica. Questo dimostra che per favorire l’inclusione è necessario agire su più fronti e che l’aspetto economico è solo uno dei tanti ambiti su cui intervenire. È quindi necessario sia un progresso economico, che politiche inclusive che abbiano come obiettivo proprio quello di tutelare i diritti delle donne e della popolazione under 18. La prospettiva globale, multidimensionale deve essere tenuta in considerazione per misurare l’inclusione.
Lo dimostra il caso Italia: un paese fermo (che si trova al 20° posto con 69 punti, tre in più rispetto all’anno scorso), dove ci sono stati dei timidi miglioramenti, e dove ci sono state delle politiche inclusive (nella partecipazione politica delle donne, nel differenziale salariale tra uomini e donne e nell’istruzione terziaria), ma che sono troppo settoriali, per avere una reale ricaduta sull’inclusione delle donne.
L’approccio multidisciplinare
“Ciò che misuriamo, influisce su ciò che facciamo”. È con questo spirito che è nata la seconda edizione del WeWorld Index, e stata presentata martedì 15 marzo, presso la sala Aldo Moro della Farnesina, con la collaborazione di CIRSDE (Centro Interdisciplinare di ricerche e studi delle donne e di genere). WeWorld dal 1999 si occupa di cooperazione internazionale, raccontando e analizzando quelle che sono le condizioni di vita dei soggetti più a rischio di esclusione e inclusione. Le attività di WeWorld onlus si attuano con progetti interattivi sul campo in varie realtà del mondo, dall’America Latina, all’Africa all’Asia in diversi ambiti dell’istruzione, della salute, della parità di generi e diritti delle donne.
WeWorld Index è il rapporto che si propone, attraverso la misurazione dell’inclusione di donne e popolazione under 18 (bambini e bambini-adolescenti), dare un contributo per valutare l’avvicinamento agli obiettivi di sviluppo sostenibile.
«Il WeWorld Index si presenta come portatore di visione integrata dello sviluppo, con un forte approccio multidisciplinare», conferma Gianpaolo Cantini, direttore della Direzione Generale Cooperazione allo sviluppo del Ministero Affari Esteri, «vuole essere uno strumento di accompagnamento dell’Agenda 2030, per il supporto delle politiche in favore delle donne, bambini e adolescenti».
Come l’Agenda insegna, l’idea è di prendere in considerazione non soltanto indicazioni di base (come educazione e salute), ma anche dimensioni di altro genere, legate al sociale e ambientale e istituzionale. Il lavoro svolto da WeWorld 2015/2016 fa proprio questo approccio e lo utilizza anche nella costruzione dell’Index.
La centralità dei diritti
Un’altra questione cara a WeWorld è di considerare i diritti delle donne, dei bambini e delle bambine come intrecciati. Quando sono nate le due convenzioni, per tutelare i diritti degli uni e degli altri, l’idea era giustamente di considerarli come separati. Ad oggi è assodato che, per garantire una parità di genere, è necessario garantire uguaglianza di opportunità sia alle bambine, perché diventeranno donne, sia alle donne, perché l’uguaglianza ha ricadute positive sui bambini e sulle bambine.
«Un aspetto molto importante nell’impostazione metodologica dell’ Index è proprio quello che parla delle tematiche di esclusione e inclusione in termini di attuazione dei diritti.» ricorda Daniela Invernizzi dell’International Children’s Rights Advisor. «È un aspetto fondamentale l’attuazione dei diritti umani. Sono circa 10 anni che gli organismi delle nazioni unite sollecitano le istituzioni a vario livello (governi e istituzioni non governative) a legiferare, progettare su una base di approccio fondato sui diritti umani, dove sono presenti anche delle linee guida in questo senso.»
La metodologia
L’Index 2016, confermando l’impostazione metodologica del primo rapporto uscito nel 2015, è composto da 34 indicatori e 3 categorie(Contesto, le donne, bambini adolescenti popolazione under 18). Le categorie sono a loro volta composte da dimensioni importanti, tra cui dimensione di base: educazione e salute per donne e bambine/i, e altre dimensioni che si riferiscono a elementi che stanno intorno alla vita quotidiana, e che in qualche modo influiscono sull’inclusione o esclusione di donne e popolazione under 18. I dati sono stati scelti in base anche allo loro disponibilità nel tempo e nella maggior parte dei paesi nel mondo, perché l’idea ambiziosa è di cercare di misurare l’inclusione delle donne e popolazione under 18 in tutti i paesi possibili del mondo. Le statistiche, danno comunque una visione parziale delle cose, pertanto Index ha accompagnato questi dati con interviste qualitative, a testimoni ad esperti per rendere il quadro più completo. Sia le dimensioni degli indicatori, che il metodo di calcolo sono gli stessi del 2015, anche per dare una continuità, in modo che diventi uno strumento utile per misurare l’inclusione di donne e adolescenti under 18 nel tempo e di vedere come i paesi che vengono considerati sono progrediti nel tempo.
Una novità importante che hanno introdotto quest’anno è il valore target 2030, valore ottenuto, da un paese ideale che nei 34 indicatori del WeWorld Index2015 risultasse al primo posto. Questo valore target ci permette di avere il punteggio di un paese ideale, e quindi misurare il progresso nel tempo, nei diversi paesi, rispetto a questo punteggio ideale. La classifica finale prevede 168 paesi, suddivisi, in cinque gruppi: buona inclusione, sufficiente inclusione, insufficiente inclusione, grave esclusione, gravissima esclusione. La mappa ci dà un’idea di come si distribuiscono i paesi del mondo considerati nelle cinque categorie.
«Il nostro obiettivo», ricorda Marco Chiesara, Presidente WeWorld,«non è soltanto quello di misurare, monitorare l’inclusione di donne e popolazione under 1,8 ma anche di agire attivamente in tutti gli ambiti in cui pensiamo sia necessario. Da questa conferenza si evidenzia la necessità di un approccio integrato, capace di intervenire in molteplici modi coinvolgendo l’opinione pubblica, quindi un approccio integrato che chieda una reazione forte tra pubblico e privato.»